Di Tonino Ricci. Con Alan Steel (Sergio Ciani), Cris Huerta, Victoria Abril, Iwao Yoshioka, Eduardo Fajardo, Rafael Abaicìn.
ITALIA-SPAGNA / 1976 / Arco-Films
Taluni narrano addirittura che il film sia inedito in Italia. Quel che è certo è che in Spagna gode di un vasta ed immotivata popolarità. Jajajaja! Que divertido! En passant, in Spagna il film si intitola "...Y le llamaban Robin Hood", ovvero "...Lo chiamavano Robin Hood". Furbacchioni!
Recensito da: Imrahil
TRASH: 82/100
Noia: 78/100
Ridicolaggine degli effetti speciali: 74/100
Presunzione della regia: 16/100
Incompetenza degli attori: 81/100
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"C'erano un tempo e ci sono anche adesso, benchè l'aspetto non sia più lo stesso, potentissimi e ricchi signori che seminavano ingiustizie e terrori. Ma Robin Hood, con freccia tagliente, li combatteva aiutato dalla gente, e i prepotenti non ridevano più quando dovevano andare... a fare in cù. Come centrino poi fagioli e karatè... è una sorpresa e lo vedrai da te!"
Per voi inurbani ecco la parafrasi di questo gaio sonetto in rima baciata con cui gli sceneggiatori ci augurano una buona visione: questo film su Robin Hood fa un sacco ridere perchè ci sono delle esilaranti battute volgarotte. I fagioli e il karatè non centrano un cazzo ma ce li abbiamo messi lo stesso. Visto? Poi dicono che il liceo classico non serve a nulla...
Il malvagio ed effemminato barone di Nottingham (ma non era lo sceriffo? vabè...) come da tradizione letteraria odia il popolo ed è assetato di potere. Cotanta è la sua prepotenza da voler catturare e uccidere il beneamato duca Alan che a buon diritto reclama la contea di Nottingham. Robin Hood, quasi per caso, incontrerà e salverà la sorella di Alan e pur di scoparsela cercherà un modo per liberare il duca con l'aiuto della sua banda di bricconi. Tanto notevole quanto immotivato il fatto che in questa allegra compagnia di ribaldi sia presente tale Fra' Moikako, un sedicente monaco cappuccino giapponese esperto di arti marziali ed amico di Frate Tuck. Siamo alla metà degli anni '70 e il Duo Padano cantava "Il pianto di Zambo", quindi aspettiamoci per lo meno che il buon frate del Cipango parli come nelle barzellette in cui viene rappresentato un orientale, cercando di costruire frasi con il maggior numero di "erre" possibile al fine di risultare comico. Guadagniamo costui, perdiamo personaggi fondamentali per le vicende di Robin Hood come Little John e Lady Marian dei quali nell'epopea di Tonino Ricci non vi è alcuna traccia. Tra assalti nella foresta più spoglia ed arida che io ricordi, tornei di tiro con l'arco volti a scovare Robin Hood (Si, proprio come nel cartone animato Disney uscito tre anni prima), grandi mangiate nobilitate da squassanti rutti, risse e battute non divertenti, l'annoiato spettatore verrà trascinato stancamente verso l'epilogo scontato nonché sull'orlo della depressione reattiva.
"Mi scusi, vuole sedersi?" |
Quasi tre lustri prima di Mel Brooks e del suo "Robin Hood: Men in Tights", il bel paese decide di rivisitare in chiave comica la storia del più famoso arciere del mondo. Un ormai attempato Alan Steel, veterano dei vari Maciste, Sansone, Ursus ed Ercole, mette la tunica in naftalina per indossare la calzamaglia verde (e la cravatta da sceneggiatore!) e partecipa attivamente alla nascita di questo incommentabile guazzabuglio. Non è chiaro se il film debba essere una commedia, un'avventura o qualunque cosa ci sia in mezzo. Un bel minestrone che cerca di unire i generi più in voga degli anni '70, ovvero il film-scazzottata alla Bud Spencer e Terence Hill, la commedia quella di bassissima lega e il filone della cinematografia di Bruce Lee. Quello che è certo è che fallisce su tutta la linea. Il buon Sergio Ciani è vecchio e si vede, benchè cerchi di nascondere le rughe con un ridicolo pizzetto color platino. L'idea di infilare un karateka in un film su Robin Hood è assurda di per sè, ma vale la pena spendere due parole sull'interprete Iwao Yoshioka, esperto di arti marziali che ha costruito tutta la sua carriera cinematografica in Italia, inclusa la celebre miniserie "Sandokan" con il magnetico Kabir Bedi. Yoshioka aveva già distribuito qualche calcio rotante due anni prima sempre sotto la direzione di Tonino Ricci nello spaghetti-western "Storia di karatè, pugni e fagioli". Un titolo praticamente identico a quello di cui stiamo parlando in questa sede e che ci fa intuire che Ricci avesse l'intenzione di creare una sorta di filone dedicato al cinema "di botte e fagioli", ambientando ogni film in un differente contesto. Ma gli dei del cinema sono talvolta giusti, e a quanto pare l'orrida saga si è fermata solo a due lungometraggi.
"Plego, libelale me, io pligionielo" |
Dal momento che il film è stato girato in Spagna e per di più in estate, assisteremo inoltre alla più patetica e sciatta foresta di Sherwood mai rappresentata nella storia del cinema, con tanto di macchia mediterranea, alberi radissimi, gran polveroni e sole che spacca le pietre. Recitazione assurda, ben oltre la commedia dell'arte, quasi da teatro Kabuki, tanto esasperate ed esagerate sono le espressioni degli attori. Non mancano gli effetti sonori da cartone animato aggiunti in post produzione per un sicuro effetto comico (avete presente? fiiiiiiiiiiuuuu, quaquaquaquaaaa, bonk, boing boing...). Inutile dire che se scopri di aver bisogno di faccette, boccacce e degli effetti sonori buffi, vuol dire che la scena in sè non fa ridere e stai perdendo in partenza. Si salva forse la performance seppur caricaturale di Cris Huerta (Fra' Tuck), ben noto caratterista spagnolo che appare in numerose produzioni, soprattutto western. Interessante il cammeo a fine film della "gigantessa" Francesca Romana Coluzzi, che giusto prima dei titoli di coda darà una ripassata a tutta la banda, cinesino incluso. Per il resto, ridatemi Franco e Ciccio. E di corsa.
Ah, la ridente ed impenetrabile foresta di Sherwood |
Recensito da: Imrahil
TRASH: 82/100
Noia: 78/100
Ridicolaggine degli effetti speciali: 74/100
Presunzione della regia: 16/100
Incompetenza degli attori: 81/100
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