27 luglio 2023

PIXEL DALL'ABISSO: I Peggiori videogiochi basati su film di successo (Parte II)

Almeno per una volta non perdiamoci troppo in chiacchiere, e gettiamoci a capofitto nella seconda parte dei videogiochi quelli brutti brutti basati su ben note produzioni Hollywoodiane! Nel caso ve la foste persa, la prima parte la trovate qui.

a cura di: Imrahil

Charlie's Angels
Anno: 2003
Genere: Picchiaduro a scorrimento
Sviluppatore: Neko Entertainment/Ubisoft
Piattaforma: PlayStation 2, Game Cube
Metacritics: 23/100 (GC)

"Pensate che la struttura di gioco è talmente rigida che non è possibile nemmeno tornare indietro, una volta che la telecamera si è spostata in una visuale più avanzata" Spaziogames.it

I picchiaduro a scorrimento nell'epoca delle due dimensioni avevano conosciuto un vero e proprio boom. Con l'avvento delle tre dimensioni non dico che essi perdano di senso, ma è necessario considerare che ora non si picchia solo avanti/indietro/alto/basso, ma potenzialmente si può sferrare colpi su 360 gradi (il che diventa praticamente impossibile senza un sistema di targeting del nemico) e bisogna gestire la telecamera su più assi. Un vero e proprio incubo per uno sviluppatore alle prime armi. Premesso ciò, il gioco ben si guarda da seguire le vicende del film da cui è tratto, proponendo una storia originale (pacco) e le nostre tre eroine che in realtà sono dal punto di vista del gameplay totalmente indistinguibili tra loro. Non un singolo aspetto di questo gioco si salva, ma quello più criticato è di gran lunga l'intelligenza artificiale dei nemici, ridotti a inutili simulacri senza cervello che si gettano beceramente contro il giocatore incuranti di qualsiasi cosa, ivi inclusi eventuali ostacoli. Mettiamoci anche problemi di collisioni e muri invisibili, consueti nelle produzioni a basso budget di questo periodo storico ed il fallimento è servito. Potremmo anche discutere su quanto potesse aver senso spendere tempo e risorse per far uscire un gioco sulle Charlie's Angels in un settore merceologico che a inizio 2000 era stra-dominato da uomini, senza contare che la tecnologia disponibile all'epoca non permetteva neppure di valorizzare più di tanto le prorompenti forme delle protagoniste.





March of the Penguins
Anno: 2006
Genere: Puzzle
Sviluppatore: DSI Games
Piattaforma: PlayStation 2, Game Cube, Nintendo DS, Gameboy Advanced
Metacritics: 34/100 (DS)

"Come i cuccioli di pinguino morti che compaiono nel docufilm, questo gioco è freddo e privo di vita." IGN

Ragazzi siamo nel 2006, sono appena usciti Gears of Wars, Zelda: Twilight Princess e Oblivion, e noi siamo ancora qui a giocare a Lemmings con le texture di dei cazzo di pinguini. Tra l'altro Lemmings è senza dubbio alcuno una pietra miliare della storia del videogioco, ma è anche un titolo molto difficile per un bambino, che in teoria sarebbe il target di questo prodotto. Evocativo il documentario, simpaticissimo Fiorello, per carità, ma non lamentatevi se vostro figlio poi lancerà il controller o il suo Nintendo DS dritto dritto nella vostra TV al plasma.





Aliens: Colonial Marines
Anno: 2013
Genere: Sparatutto/Survival Horror
Sviluppatore: Gearbox Software/SEGA
Piattaforma: Windows, PlayStation 3, Xbox 360
Metacritics: 43/100 (PS3)

"Rimuovendo il nome "Alien" dal titolo, quello che rimane è solo uno sparatutto senza motivo di esistere". The Game Informer

Il franchise "Alien" vanta un lunga tradizione di trasposizioni videoludiche di qualità medio-alta e di ottimo successo commerciale. Fa quasi strano vedere un titolo del genere in lista, ma l'amara realtà è che se lo merita grandemente. Anzi, non è da escludere che tutto l'astio e le risate involontarie che si è attirato "Aliens: Colonial Marines" siano in gran parte dovute alle alte aspettative che il pubblico aveva. In realtà già la Gearbox stava fin dall'inizio puntando in basso, sperando di cavarsela con il compitino. Dopo un'attesa straziante (12 anni di sviluppo) venne fuori un loffio clone di Call of Duty con missioni ripetitive e nel quale tutta la componente "horror" era vanificata dall'intelligenza artificiale a dir poco approssimativa degli Xenomorfi. Zero esplorazione e dopo pochi minuti di gioco tensione bassissima, il che per quello che dovrebbe essere un gioco horror è abbastanza invalidante. Interessante la scelta di non affidarsi al motion capture per la generazione delle animazioni: belli artigianali ci piacciono i giochi, vero? Evocativo, peccato che nell'epoca in cui perfino i giochi per gli smartphone utilizzano il motion capture per creare animazioni fluide e credibili vedere i personaggi muoversi legnosamente come se si stesse giocando a Quake 2 fa un po' cascare le palle. In ogni caso, tutti a criticare ma intanto un milione e 300 mila copie vendute al 2013. Successo quindi, benchè attribuibile esclusivamente al fascino dell'ambientazione e del mondo creato da Dan O'Bannon. 





Fast & Furious: Showdown
Anno: 2013
Genere: Simulatore di guida
Sviluppatore: Firebrand Games/Activision
Piattaforma: Windows, PlayStation 3, Xbox 360, Wii U, Nintendo 3DS
Metacritics: 21/100 (PS3)

"L’unico motivo che potreste avere per acquistare questo gioco è fare un dispetto alla persona a cui lo regalate."
Mondoxbox.com

Alla Activision devono per un attimo essersi dimenticati che la nicchia degli appassionati di corse automobilistiche arcade fissati col tuning era già occupata da giusto una decina di anni da un certo franchise semi sconosciuto chiamato "The Need for Speed", della piccola ed insignificante software house chiamata "Electronic Arts". Ciò nonostante, forti del "ma tanto ci mettiamo degli elementi da gioco di ruolo e ci mettiamo una storia collegata con Fast & Furious 6", la casa di Sunnyvale si è lanciata in questo progetto, terzializzando lo sviluppo ad un gruppo di sviluppatori inglesi specializzati in giochi di guida. Per console portatili. Chissà, forse è proprio a causa dell'ambito di provenienza degli sviluppatori che l'impostazione dei comandi è completamente illogica. Aggiungiamo alla ricetta anche un comparto grafico che potremmo definire datato, per non dire in estremo ritardo rispetto alla concorrenza e mescoliamo per bene. La gestione della fisica, e ciò in in gioco principalmente di guida è se vogliamo ancor più grave, è assolutamente delirante: autoarticolati che decollano come se pesassero pochi grammi e fiammanti supercar magari pure tutte assettate che manovrano con l'agilità di una betoniera piena di cemento. Mancando i diritti per sfruttare l'immagine di Vin Diesel, non saremo neppure graziati dal vedere la sua lucida pelata riprodotta nella scadente cgi del prodotto. 





Rambo: The Video Game

Anno: 2014
Genere: Sparatutto su rotaie
Sviluppatore: Koch Media / Reef Entertainment
Piattaforma: Widows, PlayStation 3, Xbox 360
Metacritics: 23/100 (PS3)

"Nell'area giochi di una sala bowling intorno al 1997, un cabinato di "Rambo: The Video Game" completo di imponente fucile di plastica unto di patatine e sudore potrebbe essere stato uno dei modi migliori per perdere parecchi dollari. Nel 2014, l'idea di affrontare un gioco da sala giochi completamente scriptato con un controller, sembra un totale spreco di tempo per chiunque" IGN

Eccolo qui di nuovo, il nostro Sly! Era prevedibile che ci saremmo prima o poi incontrati di nuovo. Sapete cos'è uno sparatutto su rotaia? Non ne esistono poi molti, ma di solito li trovate nelle sale giochi, corredati di enormi pistoloni con cui tartassare lo schermo di proiettili. In questo tipo di giochi tu non muovi il personaggio: tu spari e basta, e il 99% del divertimento è dato dall'avere in mano un enorme pistolone. Tolto quello e sostituito da un controller o da un mouse, l'esperienza risulta essere molto diversa. Il gioco era praticamente impossibile su console e quasi triviale su pc. Un festival di tiro al piattello misto a brevi sezioni di quick-time event (sapete, quando per esempio il gioco vi chiede di premere "A" entro un certo tempo) in un tunnel completamente inesplorabile che il giocatore è costretto a subire passivamente. Sarebbe come far uscire oggi Pac-Man e venderlo a 70 euro sul playstation store. Anche sul capitolo della realizzazione tecnica c'è poco da stare allegri: La testa di Rambo è totalmente sproporzionata, ricordando pericolosamente un funco-pop e i cattivoni, siano essi Vietcong o poliziotti, sono tutti uguali tra loro. Menzione d'onore per il comparto audio, grazie al quale raggiungiamo un nuovo livello di pattume grazie ai dialoghi presi direttamente dai film della serie. Intendo, in senso letterale: è stato premuto play su un videoregistratore con la videocassetta di Rambo 2 ed è stato registrato il dialogo di turno con un microfono. In alcuni casi, si sente addirittura l'effetto eco degli altoparlanti. Un prodotto completamente fuori dal tempo.


21 luglio 2023

LE AVVENTURE DI BUCKAROO BANZAI NELLA QUARTA DIMENSIONE (aka The Adventures of Buckaroo Banzai Across the 8th Dimension)

Di W.D. Richter. Con Peter Weller, John Lithgow, Ellen Parkin, Jeff Goldblum, Christopher Lloyd, Clancy Brown. 1984 / USA / Sherwood Productions.    

The Adventures of Buckaroo Banzai Across the 8th Dimension (1984) on IMDb

Mi chiedevo come diavolo fosse possibile che non conoscessi un film di fantascienza uscito negli anni' 80 con l'altisonante titolo di Le Avventure di Buckaroo Banzai nella quarta dimensione. La mia incredulità cresceva leggendo il cast: Peter Weller -ovvero Robocop in persona-, il solido e sempre efficace John Lithgow, un imberbe Jeff Goldblum, il leggendario Christopher Lloyd e Clancy Brown, che di lì a poco avrebbe riscosso fama mondiale con il suo Kurgan, in Highlander. 

Non solo non lo conoscevo, ma a scavare nella mia memoria non ricordavo di averlo mai sentito citare da nessuno che conoscessi, né tantomeno di aver letto mai nulla a riguardo da nessuna parte. Insomma, un film che, nonostante il memorabile titolo, un cast di tutto rispetto, un budget niente male e un distributore come Metro Goldwyn Meyers alle spalle, sembra essere stato ignorato e dimenticato da tutto il mondo.



Per qualche motivo, Jeff Goldblum -anch'egli un neurochirurgo- è vestito come il cowboy dei Village People per tutto il film. 

Dopo averlo visto, ho capito il motivo dell'oblio.

Buckaroo Banzai è un avventuriero, uno scienziato, un neurochirurgo e una rockstar. Ce l'ha anche di 30 centimetri, parla fluentemente l'esperanto e cucina la migliore anatra alla pechinese del mondo. Dopo aver effettuato una rivoluzionaria operazione al cervello, va nel deserto e coadiuvato dai suoi sodali -anch'essi scienziati e membri del suo gruppo rock, chiamato I Cavalieri di Hong Kong- riescono nell'impresa di attraversare la materia grazie ad un dispositivo chiamato il salcazzo oscillatorio con scappellamento a destra, alla guida di una simil DeLorean che ha pure un flusso catalizzatore (so cosa state pensando, ma Ritorno al Futuro è uscito DOPO questo film). Questa impresa scatena il suo nemico giurato, il dottor Emilio Lizardo, che escogita un complotto per rubare il dispositivo e riportare indietro un esercito malvagio per distruggere la Terra. Buckaroo deve quindi fermare i malvagi invasori alieni dell'ottava (nell'adattamento italiano quarta, chissà perché) dimensione che stanno progettando di conquistare il nostro pianeta e la relativa dimensione, penso sia la prima ma non sono sicuro. Nel frattempo, Buckaroo incontra Penny, la sorella gemella perduta da tempo della sua defunta moglie, ed è aiutato da alcuni buoni esseri extradimensionali (chiamati elettroidi negri, non scherzo) che nella loro versione umana hanno le sembianze di giamaicani. 



Sì, avete letto bene sulla parete. Non vi ho detto che il professor Lizardo era uno scienziato italiano, posseduto nel 1938 da un alieno malvagio chiamato Lord Whorfin. 


Semplice, no? Ecco, questo scombiccherato guazzabuglio di cagate è una delle mine che distrugge il film. La trama è inutilmente e incredibilmente arzigogolata e benché alla fine non abbia grossi buchi, risulta difficile da seguire e poco appassionante. Un altro problema è quello rappresentato dal protagonista, non tanto per l'interpretazione di Peter Weller che fa il suo, ma quanto per il fatto che si tratta di un personaggio che il film cerca disperatamente di farti passare per il più grande figo dell'universo, mentre alla fine è il classico eroe imbattibile e infallibile, privo di ogni carisma e profondità. E inoltre, il fatto che Buckaroo Banzai (il nome si spiega con le origini giapponesi del padre) sia un neurochirurgo e una rockstar non ha nessun impatto sulla trama. 



I Cavalieri di Hong Kong. Un gradino sopra i Bee Hive, uno sotto i  Motley Crue.

Si sarebbe potuti passare sopra questi non trascurabili difetti, se almeno il film avesse preso una precisa direzione. Si tratta infatti di uno strano ibrido che è difficile da definire: troppo complesso e pretenzioso per essere una cazzatona da vedere per farsi quattro risate, troppo grottesco e sopra le righe per essere preso sul serio. E così nonostante tutte le stramberie urlate in faccia allo spettatore, il film finisce per essere un blando e (appunto!) assolutamente dimenticabile intrattenimento.

Sul lato tecnico invece, nulla da eccepire: la regia è buona, il ritmo è sostenuto e non ci si annoia mai, gli effetti speciali -a parte un paio di blue screen veramente brutti- sono di buon livello, la fotografia è vivace e colorata, gli attori fanno tutti il loro dovere. 

Il cartello finale con scritto "Watch for the next adventure "Buckaroo Banzai vs. The World Crime League!!!" è stato invece un presagio di morte per la Sherwood Productions, che a causa del megaflop (si parla di un incasso di circa 6 milioni di dollari a fronte di un budget di 12) è addirittura fallita. 


E invece, no.


A quanto pare i diritti vengono ancora detenuti dalla MGM che ovviamente non ha nessuna intenzione di produrre un seguito di un film fallimentare e ignorato dal mondo a più di trent'anni dall'uscita. Forse...


Recensito da: Vidur

TRASH: 77/100

Noia: 56/100

Ridicolaggine degli effetti speciali: 67/100

Presunzione della regia: 84/100

Incompetenza degli attori: 42/100



15 luglio 2023

PIXEL DALL'ABISSO: I Peggiori videogiochi basati su film di successo (Parte I)

Cinema e videogioco sono due forme di intrattenimento che hanno da sempre avuto uno strano rapporto. Sembra che da un certo punto di vista i produttori cinematografici non riescano a resistere alla tentazione di prendere un videogioco famoso, strapagarne le licenze e riprodurlo su pellicola, ottenendo risultati quasi sempre catastrofici. Non sono pochi infatti i film ispirati a videogiochi presenti su questo blog, e quelli che mancano probabilmente non ci sono perchè banalmente non li abbiamo visti. Potremmo spendere diverse righe ad indagare le cause di questo corto circuito, ma alla fine ritengo sia un tema fin troppo discusso dalla stampa di regime, vedendo l'enorme quantità di articoli presenti online. Più interessante invece potrebbe essere provare a fare il lavoro contrario: esistono infatti una infinita sequela di videogiochi spesso con licenze ufficiali di film che al botteghino hanno sbancato! E come sono questi videogiochi? Benchè alcuni di essi si siano rivelati godibili ed in rari casi addirittura dei capolavori, la stragrande maggioranza di essi fa letteralmente schifo. Ecco a voi dunque in ordine cronologico la mia personalissima "flop 10" dei peggiori videogiochi basati su o ispirati da film di successo.

a cura di: Imrahil


E.T. - The Extra-Terrestrial

Anno: 1982
Genere: Avventura
Sviluppatore: Atari
Piattaforma: Atari 2600

“To paraphrase a line from the movie, E.T. is nothing to phone home about.” Joystik, 1983

Atari sviluppò da zero questo titolo in sole cinque settimane, per poter sfruttare l'onda del successo del film di Spielberg e per uscire nei negozi entro Natale '82. Per l'acquisto della licenza venne chiesta l'astronomica cifra di 25 milioni di dollari, cifra che oggi potrebbe far sorridere ma che per l'epoca era davvero esorbitante. Il risultato fu semplicemente raccapricciante: grafica incerta che presentava sfondi osceni perfino per l'epoca (siamo nel 1982, quindi non è che la gente avesse il palato particolarmente raffinato a tal proposito), scenari confusionari e obbiettivi non chiari. Il giocatore, spesso un bambino, si ritrovava a muovere questo pupazzetto di E.T. senza meta e senza capire esattamente cosa dovesse farci. Questo per lo meno finchè il suddetto personaggio non si fosse infrattato in qualche angolo dello schermo o non si imprigionasse tra qualche muro invisibile. Il prodotto trainato dal successo del film in realtà vendette un ottimo numero di copie, ma la quantità di resi fu tale da minare addirittura la credibilità di Atari, che da assoluto padrone del mercato videoludico da questo momento si avviò verso un ineluttabile declino. Si narrava addirittura di una discarica segreta nel Nuovo Messico nella quale Atari seppellì le cartucce invendute di questo E.T. per liberarsene; considerata per decenni una leggenda metropolitana, nel 2014 venne in effetti confermato il ritrovamento di ben 792.000 cartucce (va detto, non tutte di E.T.) seppellite nel deserto nei pressi della cittadina di Alamogordo. 




Star Wars - Jedi Arena
Anno: 1983
Genere: Arcade
Sviluppatore: Parker Brothers
Piattaforma: Atari 2600

"Ti fa venire il dubbio se E.T. fosse davvero così terribile." Waytoomanygames.com

Con tutto quello che si potrebbe fare nell'universo di Guerre Stellari perchè non lanciarsi nello sviluppo in uno statico clone di Breakout rappresentando la scena in cui Luke si allena con la spada laser (due minuti di girato ad essere generosi) con il drone di allenamento sul Millennium Falcon? Alla Parker deve essere sembrata una buona idea, ma del resto loro sono famosi per Monopoli, Cluedo e Scarabeo, mica per i videogiochi. L'idea di base è che utilizzando l'apposita barretta colorata si debbano deviare i flussi di energia lanciati dal pallocchio fluttuante al centro dello schermo al fine di colpire ed eliminare lo scudo dell'avversario, fino alla sua sconfitta. Il gioco di per se non era buggato o inutilizzabile, era semplicemente un po' pochino. Un po' tanto pochino, considerando anche il titolo altisonante che prometteva ben altro. Per lo meno la monotonia poteva essere interrotta coinvolgendo un secondo giocatore. Se il gioco non era per nulla impressionante nell'83, si potrebbe aggiungere che con il passare degli anni sia pure invecchiato malissimo, rendendosi totalmente insostenibile anche agli occhi dei retrogamers con gli occhiali tondi, i baffi incerati e i risvoltini più pronunciati. Se non altro questo titolo rimarrà nella storia per essere il primo videogioco di "Guerre Stellari" nel quale compare una spada laser. 




Back to the Future
Anno: 1989
Genere: Platform
Sviluppatore: Beam Software/LJN
Piattaforma: NES

"Ritorno al Futuro è uno dei peggiori giochi NES di tutti i tempi. È lì, insieme a Total Recall, X-Men e Rambo. Tutti e tre i titoli che, guarda caso, sono della LJN. [...] Dimentica che questo gioco esista." Classic-Games.net

Buttiamoci dall'altra parte del Pacifico, dove sta avvenendo una vera e propria rivoluzione: nel paese del Sol Levante è già da qualche tempo arrivato il Famicon, un mostro di potenza se paragonato alla Atari 2600 che noi tutti conosciamo come Nintendo Entertainment System o semplicemente Nintendo. Anche il colosso nipponico è ghiotto di succulente e costose licenze cinematografiche, e si accaparra quella di uno dei film più rappresentativi e cult degli anni '80. Nel 1989 esce quindi videogioco di "Ritorno al futuro", che tuttavia si rivela essere fondamentalmente una risicatissima collezione di mini-giochi molto poco ispirata e dalla difficoltà abbastanza elevata (complici anche i controlli non proprio inappuntabili e le hitbox per lo meno fantasiose). Il personaggio principale, che dovrebbe essere Marty McFly, non è minimamente riconoscibile e sembra un tizio qualunque. I mini-giochi di cui vi parlavo poc'anzi sono tra l'altro in realtà tre, e le differenze tra i vari livelli riguardano solo ed esclusivamente le textures. Partiamo da uno dei più classici percorsi ad ostacoli, passando ad una versione orizzontale di space invaders per poi concludere con una sessione alla Guitar hero in cui Marty McFly deve interpretare Johnny B. Goode (forse l'unica trovata carina). Lo stesso sceneggiatore di Ritorno al Futuro, Bob Gale, lo definì "uno dei peggiori giochi di sempre", invitando i fan a non acquistarlo. Probabilmente anche piccato dal fatto che LJN rifiutò le sue consulenze e i suoi consigli in fase di sviluppo. Considerato che tra l'uscita del film e la pubblicazione di questa ciofeca passano tre anni non si può certo addurre i ristretti tempi di sviluppo imposti dalla produzione come scusa per la bassa qualità del prodotto. Patetico.




Cliffhanger
Anno: 1993
Genere: Picchiaduro a scorrimento
Sviluppatore: Virgin
Piattaforma: NES, SNES, Master System, Mega Drive, Amiga

"In generale, se vuoi vivere tutta l'azione del film, noleggia semplicemente il film e riguardatelo. Magari potresti tenere in mano il controller e fingere di essere Stallone mentre picchia i cattivi. Sarebbe sicuramente più divertente." All Game Guide

Bisognerebbe probabilmente aprire un capitolo a parte per i film con protagonista Sylvester Stallone: di riffa o di raffa, Sly sembra essere uno degli attori più riprodotti in videogiochi della storia. Rocky, Cobra, Demolition Man, Rambo, Over the top (!!!), Judge Dread, Cliffhanger...  Praticamente per tutti i suoi film è uscito un videogioco con licenza ufficiale. Nessuno di questi in realtà è bello, e probabilmente questo Cliffhanger è uno dei peggiori. Una pessima copia di Double Dragon o Streets of Rage inframezzato da livelli platform quasi impossibili, il tutto aggravato da un consistente ritardo tra l'input dei comandi e l'azione del personaggio che lo rendeva praticamente ingiocabile, in particolare sui sistemi meno performanti come NES e Master System. Completano il disastro un level design banale e ripetitivo. Finalmente però abbiamo un vincitore di qualcosa: a quanto pare la rivista "Electronic Gaming Monthly", che ha avuto la mia stessa idea con 30 anni di anticipo, ha conferito a  questo Cliffhanger il titolo di "Worst Movie-to-game" per il 1994. Nello stesso periodo la rivista Mega, specializzata in titoli per console SEGA, lo definiva "a truly disgusting piece of s... oftware".  





Street Fighter: The Movie
Anno: 1995
Genere: Picchiaduro a incontri
Sviluppatore: Incredible Technologies/Capcom
Piattaforma: Sega Saturn, PlayStation

"Street Fighter: The Movie è e per sempre sarà un videogioco atroce, ma devo ammettere una cosa: se non altro è migliore del film dal cui è tratto. Solo che non poi di molto." Netjak

Che inception ragazzi! un videogioco ispirato ad un film ispirato ad un videogioco! Se vi sembra una pessima idea nella pessima idea non saprei come darvi torto. Nel 1995 Street Fighter è IL picchiaduro ad incontri per antonomasia. La formula è già vincente, si pensa, ma dalla cabina di regia esce la follia di voler rappresentare i personaggi del videogioco esattamente come appaiono nel turpe film omonimo uscito l'anno prima. Questo comportò il temporaneo abbandono del collaudatissimo ed apprezzato motore grafico utilizzato nei precedenti capitoli di Street Fighter e l'imbastimento di una nuova grafica con digitalizzazione in motion capture degli attori. La strada percorsa non è poi tutta questa novità sulla scena, tanto che il principale rivale videoludico di Street Fighter, Mortal Kombat,  utilizzava questa tecnologia già dal 1992. Peccato che Midway Games si servisse di veri artisti marziali per le pose e l'esecuzione delle tecniche, mentre gran parte del cast del film di Street Fighter non aveva mai tirato un pugno in tutta la vita. Replicare le mosse presenti nel gioco per questi poveretti fu un parto e nonostante gli sforzi il risultato non fu comunque all'altezza delle aspettative. Inoltre non dimentichiamoci siamo ormai nel 1995 e sia PlayStation che Saturn sono console capaci di accelerazione 3D, feature che non tarderanno a sfruttare gli sviluppatori di titoli come Tekken e  Virtua Fighter. Se si escludono Jean-Claude Van Damme e Raul Julia gli attori di Street Fighter erano e sono tuttora delle totali nullità e sostituire i personaggi storici del videogioco, ben riconoscibili dal pubblico e così carismatici, con questi tizi presi un po' a caso non fu una gran scelta commerciale. Senza contare il fatto che Raul Julia quando venne richiamato per fare le pose per il videogioco dovette dare forfait, dal momento che aveva già un piede nella fossa. Il gioco di per sè era lo stesso, ma il nuovo motore grafico risultava incerto e legnoso, soprattutto in concomitanza con alcune le animazioni. Troppo poco per giustificare l'acquisto di questo titolo l'inserimento di Kenya Sawada e di Blade, unici personaggi esclusivi introdotti con il film. Per lo meno, così leggo su Wikipedia, non ho la più pallida idea di chi siano costoro.


Direi che per ora possa bastare, ci vediamo prossimamente con la seconda parte di questo verboso articolone, con il quale entreremo nel nuovo millennio e ci inebrieremo dei nuovissimi prodotti in tre dimensioni!

11 luglio 2023

DEVIL GIRL FROM MARS

Di David MacDonald. Con Hugh McDermott, Hazel Court, Peter Reynolds, Patrica Laffan. Regno Unito / 1954 / Danziger Productions. 

Devil Girl from Mars (1954) on IMDb

"May I introduce your latest guest? Miss Nyah. She's from Mars"

Una malvagia marziana arriva sulla terra per rapire gli uomini e ripopolare la specie di Marte! Con queste premesse cosa vi aspettereste? Azione, battaglie, esplosioni, conflitti su scala globale, battaglie spaziali, e pure magari qualche risvolto pruriginoso...e invece, niente.

Niente, si sta in una locanda scozzese, le donne bevono il tè, gli uomini bevono lo scotch, si fa avanti indietro dall'astronave, si sconfigge la cattiva -non si sa come- e tutti a casa. 

Solitamente non indugiamo su film di epoche così remote, tuttavia il titolo e qualche still con un'aliena sexy ha acchiappato il gonzo che sta in me. Film cult piuttosto famoso in patria -inedito in Italia- Devil Girl From Mars si inserisce in quel filone fantascientifico anni 50'-60,' foriero di isolati gioielli come Ultimatum alla Terra e Il Pianeta Proibito, così come di una valanga di Z-movies di cui Plan 9 from Outer Space di Ed Wood rimane capostipite imbattibile.

Devil Girl from Mars non può competere con nessuna delle pellicole summenzionate in nessun senso, visto che si tratta di una mediocre classe media, la cui ilarità involontaria è soprattutto derivata dai dialoghi da soap opera e dall'ingenua banalità dell'intreccio, che rimane racchiuso in una cerchia di sei persone e di un paio di location, evidentemente per limiti di budget. La storia d'amore tra l'evaso Robert/Albert e la cameriera, come quella totalmente senza senso -nata nell'arco di un paio d'ore- tra il giornalista e la modella, non sono del minimo interesse e servono a far minutaggio, anche perché per il resto succede poco o nulla. 

Paradossalmente, gli effetti speciali sono la cosa migliore del film. L'astronave è una sorta di smerigliatrice con le lucine e quattro gambe di un tavolino, mentre il temibile robot tutto fare Johnny è essenzialmente un grosso scaldabagno con una luce di un'ambulanza appoggiata sulla testa. Gli effetti laser, applicati sui dei convincentissimi modellini, considerando epoca e budget fanno la loro figura.



Chi fa la miglior figura però è ovviamente la ragazza diavola di Marte, Patricia Laffan. Inguainata in una tutina nera di PVC -il latex non era ancora stato inventato- spaventa, ipnotizza e seduce col suo sguardo ammaliante. 



Per i più fantasiosi potrebbe essere una versione un po' sado di una Darth Vader in gonnella. 



Detto ciò, la visione del film costa solo un'ora e un quarto del vostro tempo, quindi anziché vedere la prima puntata della nuova serie Netflix in cui una coppia interraziale gay combatte il patriarcato facendo del gossip con una ragazza indiana dotata di superpoteri in un college americano frequentato da vampiri, potete sentire dei vecchi locandieri parlare con un ruspante accento scozzese e vedere un boiler disintegrare il modellino di un fienile.

Altrimenti, se vi piacciono i titoli bizzarri, ascoltatevi Robot Werewolves of Planet 89 del gruppo stoner doom australiano Blacksmith.


Recensito da: Vidur


TRASH: 79/100

Noia: 86/100

Ridicolaggine degli effetti speciali: 77/100

Presunzione della regia: 54/100

Incompetenza degli attori: 62/100




LEGENDA - per capire meglio le nostre recensioni e le nostre votazioni

Questo blog tratta esclusivamente film di infimo livello, per cui i nostri criteri di giudizio sono totalmente differenti da quelli che potreste trovare in un qualsiasi sito di recensioni cinematografiche; nello specifico noi qui a Pellicole dall'Abisso teniamo conto di 5 fattori ed abbiamo deciso di esprimere il voto in centesimi per consentire maggiori sfumature;

1) VOTO TRASH: è il più importante ed è un voto generale; se volete semplicemente sapere quanto sia ''patetico'' o involontariamente comico un film fate riferimento a questo dato.

2) VOTO NOIA: abbiamo scoperto nella nostra esperienza che la noia è un elemento ricorrente (ed estremamente fastidioso) di questo genere di film. Più è alto il valore più bisogna avere le palle di ferro per poterlo sostenere

3) RIDICOLAGGINE DEGLI EFFETTI SPECIALI: non credo servano particolari spiegazioni.

4) PRESUNZIONE DELLA REGIA: In molti casi i registi sono ben consci di star girando una puttanata clamorosa, e quinidi tendono a prendersi in giro da soli.. ma ci sono altri registi che invece sono fermamente convinti che il loro film sia una specie di capolavoro visionario low-budget, e spesso sono proprio questi i più grandi capolavori del trash. più è alto il valore più il film ''se la crede''.

5) INCOMPETENZA DEGLI ATTORI: inutile dare un voto alle abilità degli attori in questo genere di film, abbiamo ritenuto più funzionale dare una valutazione di quanto gli attori siano cani

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