“Aborì, vieni qui!!!”
Ed eccomi qui, anch'io come Aborym, a far fronte all'onere e all'onore di dover recensire uno dei film trash per eccellenza e il suo ancor più memorabile seguito.
“La Croce dalle 7 Pietre”, per chi possegga un minimo di “cultura” cinematografica, dovrebbe essere un titolo noto, in quanto perfetta sintesi del film di merda Made in Italy. Siamo di fronte infatti all'apice del comico involontario, un'opera verso cui tutti gli altri film da “So bad, it's good”, dovrebbero guardare con timore e rispetto.
Ma andiamo con ordine. Il mitico, leggendario, straordinario, unico e solo Marco Antonio Andolfi è un attore e regista teatrale di Roma; un bel giorno del 1987 decide di fare un film e ottiene i fondi (limitatissimi a dir la verità) grazie ad una sovvenzione statale (!).
Il buon Marco Antonio (che decide di usare lo pseudonimo di Eddy Endolf per l'occasione) scrive, dirige e interpreta.
La trama: Marco (sempre Andolfi) è un ragazzo di Roma che viene invitato a Napoli dalla cugina. Una volta arrivato lì viene subito rapinato della sua croce (quella del titolo ovviamente) da due tizi in moto. Da qui inizierà la sua ricerca disperata per recuperare il magico amuleto fra gli ambienti della camorra. Infatti senza di esso, allo scoccare della mezzanotte, Marco si trasforma in un lupo mannaro.
E' quasi impossibile descrivere nei dettagli questo film. La sciatteria e la noncuranza della regia è spettacolare, lo sviluppo dello script è risibile - con una decina di sottotrame totalmente slegate tra loro che non hanno alcun senso e che vengono aperte e mai chiuse - l'interpretazione degli attori è inimmaginabile, i dialoghi massacranti e gli effetti speciali sarebbero inadeguati in una recita parrocchiale.
Quindi ora mi limiterò a gettare alla rinfusa ciò che questo film è in grado di offrire.
La pseudo-orgia satanica della prima scena in cui il mitico Gordon Mitchell (dove c'è un film di merda c'è anche lui) nelle sue migliori smorfie invoca il demonio Aborym, al grido di “Aborì, vieni qui!”.
Marco Antonio con la sua faccia da idiota e il suo tic agli occhi, che si crede un adone in grado di conquistare tutte le donne che incontra.
La scena al bar, dove viene inquadrata per un quarto d'ora la ragazza che compone il numero (due volte, e in uno di quei telefoni con la tastiera a “cerchio”).
Il sogno di Marco dopo 20 minuti, in cui praticamente ci fanno rivedere ciò che abbiamo appena visto con un filtro blu e Aborym con una bolla rossa che gli esce dalla testa.
I camorristi che hanno battute del tipo “San Gennà, aiutaci tu!” o “Iamme a vedè Maradona”.
L'incontro col ricettatore Totonno O' Cafone, al cui Marco trasformato in licantropo, scioglierà la faccia (vedere il video più in basso per credere).
La scena della discoteca in cui Marco incontra una ragazza che gli offre della marijuana e che dopo un secondo dopo si innamora di lui e diventa la donna della sua vita...e poi c'è la TRASFORMAZIONE.
Ovvero quando Marco da pacifico bancario di Roma, privo della sua croce, si trasforma in un terribile e fortissimo uomo lupo.
La trasformazione avviene 4-5 volte in tutto il film e dura un'eternità. Fotogramma per fotogramma vedremo Marco Antonio digrignare i denti ricoprirsi pian piano di peli, solo sulla faccia però. Eh già, perchè poi sarà totalmente nudo, ad eccezione di una ridicola maschera sul volto,, dei guanti da cucina ricoperti di pelo e di una specie di toupet a coprire le parti intime. La creatura diventa potentissima, è in grado di uccidere un uomo con una manata e di far sciogliere la faccia alle persone. Questo perchè la madre del suddetto era “fissata e adoratrice di Satana” e aveva fatto un patto col diavolo. Poi un giorno cambiò idea e un vescovo le diede questa croce da mettere al collo al figlioletto in modo da proteggerlo. Ma Aborym non è mica un pirla, infatti è un'incrocio fra un gorilla, il cugino It della Famiglia Addams e Chewbecca. Però parla con accento napoletano e dice cose tipo “Sgualdrina...devi morire..devi morire...” ed è in grado di far esplodere lo stomaco alle persone.
E non è finita qui, sicuramente sto dimenticando qualcosa, ma mi dovete perdonare perchè il film è talmente pregno di merda che è difficile ricordarsela tutta.
Ma “La Croce...” è davvero magica, perchè riesce in altre 4 prodezze:
1)Nonostante questo turbinìo di situazioni deliranti ed esilaranti, il film è anche noioso, tanti pezzi sono da bypassare senza remore.
2)Il film, Marco Antonio e tutti gli interpeti si prendono dannatamente sul serio. Non vi è la minima ombra di ironia.
3)In Giappone è stato venduto col titolo di “Talysman” e con un montaggio diverso. Beh sembra che abbia avuto un successone.
4)Darà vita ad un seguito, a mio modesto parere addirittura migliore, il clamoroso “Riecco Aborym”.
“La Croce dalle 7 Pietre” è dunque un articolo indispensabile per chiunque voglia approciarsi al genere, una summa di tutto ciò che amiamo e veneriamo. Uno dei “Film di merda” per eccellenza, una pillola contro il cattivo umore, un toccasana per la depressione, il perfetto esempio pratico di quello che succede quando si mette un inetto, pazzo visionario, che si crede insieme Kubrick e un modello di Armani, dietro la macchina da presa. O semplicemente un'opera di Marco Antonio Andolfi.
recensito da: Vidur
VOTI
TRASH: 97/100
Noia: 85/100
Ridicolaggine degli effetti speciali: 98/100
Presunzione della regia: 91/100
Incapacità degli attori: 99/100
Una delle grandi trasformazioni di Marco Antonio
La brutta fine di Totonno O' Cafone
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