15 marzo 2024

FRATELLO DELLO SPAZIO

Di Roy Garrett (alias Mario Gariazzo). Con Martin Balsam, Agostina Belli, Silvia Tortosa, William Berger. SPAGNA – ITALIA / 1988 / Turbo Films

Ci sono film che ti piacciono, ci sono film che ti rimangono dentro, ci sono film che ti fanno schifo, ci sono film che ti fanno odiare l’umanità, ci sono film che dimentichi il secondo dopo averne terminato la visione, e ci sono film che ti fanno dire…boh! Fratello dello Spazio è uno di quei film che mi hanno fatto dire…boh!

Misconosciuto al limite dell’oblio, quest’opera fantascientifica è diretta da Mario Gariazzo, nascosto dal proverbiale pseudonimo angolofono, già apparso su queste sciagurate pagine virtuali per l’imperdibile Incontri molto ravvicinati del…quarto tipo. Ma se quest’ultimo era un pietoso tentativo di commistione tra fantascienza e commedia erotica, la qui presente pellicola dall’abisso è una deprimente e inspiegabile cacofonia visuale il cui senso di esistere sfugge ad umana comprensione. Non per niente il film, una coproduzione italo-spagnola, è sparito nel nulla senza essere pubblicato da nessuna parte per poi rispuntare come un fungo negli ultimi anni, prima grazie al canale TV Iris e adesso, ovviamente, grazie ad Amazon Prime Video, il quale, analogamente ad una ragazza dai facili costumi, non riesce dire di no a nessuno.

La trama vuole che una nave spaziale aliena abbia un'avaria e che gli occupanti finiscano sulla Terra. Ne sopravvive solo uno: un tenero alienino con una tutina argentata e un enorme testone simile ad una prugna secca. L'esercito inizia le ricerche per catturarlo, ma una ragazza cieca che è anche un po’ medium (E CIT. PURE STAVOLTA!), con i suoi due compagni di viaggio, un prete e un'amica, cercherà di aiutarlo a tornare a casa e a difenderlo dagli umani cattivi


Ma quanto erano belli i pupazzini delle Sunsweet???

La già elisissima trama viene ulteriormente martoriata da un andamento pachidermico e maldestro, in cui le cose si ripetono senza soluzione di continuità, come lo sceriffo della città che non fa che andare da un posto A ad un posto B e dire ai suoi sottoposti di andare dal posto C al posto D. 

Crea un certo sconcerto anche l’incredibile flemma, se non quasi indifferenza, con cui alcuni avvenimenti vengono trattati. I tre protagonisti (la cieca, l’amica e il prete) quasi non fanno una piega davanti ad un alienino-prugna con poteri telecinetici, mentre anche le autorità sembrano prendersela con molta calma, tanto che le supposte scene di azione, quasi prive di musica, si svolgono con la stessa intensità di una siesta messicana dopo un pranzo a base di fajitas e sangria. Il riferimento al Messico non è casuale perché la stessa ambientazione povera e desertica, esaspera ancora di più il senso di desolazione e straniamento che il film trasmette.

Il significato recondito è probabilmente quello di un sottotesto religioso: il prete (interpretato da un decrepito Martin Balsam, che tra gli anni ’60 e ’70 aveva recitato in filmetti quali Psyco, Tutti Gli Uomini del Presidente e Assassinio sull’Orient Express) insiste sulla similitudine tra Gesù e l’alienino-prugna: entrambi scesi dalle stelle e dotati di poteri straordinari, alla fine condannati dalla cattiveria dell’uomo. Tra l'altro l'alienino farà il miracolo dando la vista all'ex non vedente grazie ad un visore stile Geordie LaForge, ovvero un pezzo di plastica arancione. Va bene, ma quindi? Il messaggio qual era? Viva Gesù e/o gli uomini sono malvagi e non imparano mai? Boh.


Da segnalare anche gli effetti speciali altamente risibili: pur ammettendo la povertà di budget, non si può non sorridere amaramente di fronte ai modellini simili a dei lampadari delle astronavi schiaffati sopra a delle immagini di repertorio di bassissima qualità; in particolare il fondale statico della terra non sarebbe stato perdonabile neanche in un film di Ed Wood.


Consigliamo di starne ben alla larga e di guardarlo solo se volete essere la quinta o sesta persona nella storia dell’umanità a martoriarsi gli zebedei con questa mediocre montagnola di sterco di mucca.


Recensito da: Vidur

VOTI

TRASH: 78/100

NOIA: 91/100

RIDICOLAGGINE DEGLI EFFETTI SPECIALI: 84/100

PRESUNZIONE DELLA REGIA: 71/100

INCOMPETENZA DEGLI ATTORI: 45/100


 



5 marzo 2024

GACY

Di Clive Sounders. Con Mark Holton, Adam Baldwin, Charlie Weber, Tom Waldman, Allison Lange, Edith Jefferson. USA / 2003 / DEJ Productions

Gacy (2003) on IMDb

Dal mare infinito dei film sui serial killer, emerge dall'abisso questo inconsistente "Gacy", filmetto direct-to-video del 2003 che cerca disperatamente di navigare le acque torbide della biografia di uno dei criminali più efferati ed insaziabili della storia recente americana senza però mai veramente salpare. L'opera si immerge nella vita di John Wayne Gacy, un uomo di mezza età che sotto la facciata di cittadino modello, imprenditore edile di successo e clown di quartiere, nasconde un' orrida verità: quella di essere un vorace assassino che in carriera ha ucciso, stuprato e brutalmente torturato almeno 33 ragazzi tra i 14 e i 24 anni, terrorizzando l'intera città di Chicago fino al suo arresto. Sarebbe roba che Jeffrey Dahmer spostati ma, vuoi per la pigrizia generalizzata, vuoi per il basso budget, vuoi per i 20 anni di età che pesano come macigni sulle spalle di questa cenciosa produzione, riuscirà solo ad annoiare e far apparire questo tremendo ed inquietante soggetto come un ciccio-pasticcio qualunque. 

Cucù

Infatti anziché esplorare le profondità psicologiche di Gacy o fornire un'indagine acuta sulle sue atrocità, il film si accontenta di galleggiare in superficie, tratteggiando un ritratto non solo incompleto, ma anche tutto sommato poco lusinghiero del protagonista, lasciando lo spettatore a interrogarsi sul motivo per cui stia perdendo tempo davanti a questa pellicola. Il tentativo di farci entrare nella doppia vita di Gacy si traduce in una serie di sequenze che alternano momenti di (pallosissima) vita quotidiana a esplosioni di limitata violenza e scene sugli insetti che infestano lo scantinato della casa del protagonista. Questo approccio si rivela totalmente incapace di riflettere veramente la complessità o il terrore dei crimini di Gacy. Non aiuta il fatto che a doppiare il protagonista nella versione italiana sia il grande Pietro Ubaldi, il doppiatore di Doraemon e di tutti gli altri personaggi grassi e buffi dei cartoni animati della nostra infanzia. Non perchè faccia un cattivo lavoro, tutt'altro, ma in certe scene ti aspetti davvero che l'assassino se ne esca con un "Non preoccuparti Nobita, adesso tiro fuori...". 

Tanto grottesco quanto peculiare il fatto che John Wayne Gacy in quelle situazioni, come il Doraemon del mondo dei meme, tirasse fuori effettivamente il cazzo. 

Gli attori sono tutti o quasi irrilevanti e non particolarmente capaci. Si salva forse il nostro protagonista Mark Holton, già attore comprimario nel non eccezionalissimo Leprecauno di Mark Jones, che invero offre una performance quasi convincente. Citiamo come unica "stella" la presenza di Adam Baldwin (Il soldato "Animal" di Full Metal Jacket) nel ruolo, consistente in una singola scena, del padre di Gacy. Tutti sembrano quasi stanchi ed annoiati dei loro stessi ruoli, navigando attraverso il copione con l'entusiasmo di chi deve andare all'Esselunga il sabato mattina. La figura di Pogo il Clown, l'alter ego di Gacy e grande contribuente alla perturbante aura che circonda il protagonista è sfruttata pochissimo e male, pur essendo una delle caratteristiche peculiari e trionfando in copertina. Non penso sarei in grado di citarvi una scena memorabile, ma le varie situazioni sono narrate con tanta sciatteria e noncuranza che in certe scene ti chiedi davvero come Gacy sia riuscito a rimanere nascosto per 6 anni. Parliamo di cadaveri trasportati in pieno giorno alla macchina, al gran numero di omicidi operati con in casa mamma moglie e due figlie e l'incontro con arrendevoli poliziotti che lui liquida con agilissimi "Il signor tal dei tali? mai sentito nominare.". Ah ok, allora mi scusi per il disturbo, sarà un caso che lavorava da lei come gli altri cinque ragazzini tutti scomparsi. 

Una delle rare occasioni in cui Gacy appare travestito da Pogo

Gacy è un'opportunità mancata, perchè raramente si ha la possibilità di trattare un personaggio così interessante e che potrebbe avere innumerevoli svolti narrativi. Tipo un certo Stephen King leggendo la cronaca dell'epoca e romanzando il tutto ci avrebbe tirato fuori qualcosa come il Pennywise di It, che tuttora popola gli incubi di così tante persone. Ma è chiaro che se ti chiami Clive Sounders, non hai una pagina su Wikipedia e hai a disposizione un budget di tremila lire, non si può certo pretendere chissà che grandi risultati. 


Recensito da: Imrahil


TRASH: 48/100

Noia: 87/100

Ridicolaggine degli effetti speciali: -/100

Presunzione della regia: 11/100

Incapacità degli attori: 78/100





2 marzo 2024

IT SHALL NOT BE NAMED

Di Cankat Vatanandiran. Con Sylar Witte, Luke Meissner e Audrey Lilyquist. 2023 / USA / Apot Films - Giorgio Films

W-o-w! Non pensavamo più che il cinema moderno potesse regalarci perle di siffatta bellezza e invece il buon Cankat Vatanandiran sorprende e spiazza tutti con una capodopera di abbagliante meraviglia. Destinato a diventare un istant cult del genere, It Shall Not Be Named è un horror ricercato, coraggioso, originale e innovativo, ricco di idee rivoluzionarie che da qui in poi diventeranno necessariamente un punto di riferimento per chiunque avrà il coraggio di misurarsi ancora con la materia.

It Shall Not Be Named ridefinisce gli standard con una sua cifra stilistica che sfugge ad ogni paragone e lo fa con tracotante presunzione, ben conscio di essere un prodotto talmente fuori scala da non poter reggere il confronto con niente fatto in precedenza. 

Pensate già alla trama, la cui intrinseca originalità già spazza via quanto di stantio impera ancora nel mondo dell'horror. È difficile riassumerla in maniera efficace, ma spero perdoniate il fatto che le mie limitate capacità lessicali non siano bastevoli a estrinsecare la magnificenza di quest'opera.

Dunque, Kat, una ragazza disoccupata con un fidanzato stupido e belloccio, accoglie in casa una nuova coinquilina, Jessie. In poco tempo, Kat e il suo fidanzato Chris faranno una scoperta sconcertante: Jessie potrebbe essere una strega!

Prendetevi qualche momento per assorbire e interiorizzare questo concetto, che mi rendo conto non sia facile da processare. 

Ma, questo è solo l'assunto, perché lo svolgimento capovolge completamente ogni aspettativa. Kat, da quando Jessie è in casa, inizia ad avere delle visioni inspiegabili e dei terrificanti incubi! 

Ecco, comprendo che la cosa possa essere spiazzante e totalmente aliena alla filmografia horror (ma non solo) a cui siamo abituati, per tanto eviterò di dilungarmi ulteriormente, comunque consapevole di non avere neanche la capacità intellettiva per dipanare tutti gli strati accuratamente manufatti da Vatanandiran. 

Mi concentrerò per tanto sulla confezione tecnica che è quasi all'altezza della scrittura. Partiamo da una fotografia dai colori fluorescenti e fluttuanti, tanto da cambiare da una scena all'altra per esacerbare il senso di estraniamento dello spettatore. La regia volutamente statica, con una moltitudine di dialoghi ripresi a camera fissa atti a manifestare l'angoscia dei protagonisti imprigionati  in un piccolo appartamento da cui non possono (o non vogliono?) uscire e per estensione alla situazione stessa in cui si sono malgrado ritrovati.

E non dimentichiamo il sapiente uso dei jump scare. I registi di bassa lega li usano come mezzuccio facile e pigro per spaventare lo spettatore, Vatanandiran invece va oltre piazzandone uno ogni quarantacinque secondi e sono talmente ammalianti che il sentimento primigenio che scatenano non è la paura, ma la più sincera incredulità. Anche gli effetti speciali digitali rispettano o addirittura superano l'altissima qualità, tanto da rivaleggiare con un qualunque blockbuster contemporaneo.

Vatanandiran inoltre, per dare tempo di respirare allo spettatore travolto da cotanta virtù, ha costruito degli intermezzi musicali, la cui potenza emotiva è così forte che a qualcuno non potrà che scendere una lacrima.

E infine, un plauso ai tre protagonisti, tutti incredibilmente bravi. Skylar Witte ha avuto da Meryl Streep in persona l'incoronazione a sua designata erede; Luke Meissner è in trattativa con la Marvel per la prossima saga supereroistica e si dice che Ryan Gosling, alla notizia che Meissner fosse in lizza, abbia già rinunciato alla corsa sicuro di perdere. Audrey Lilyquist è stata già corteggiata da Christopher Nolan e l'Oscar come miglior attrice non protagonista sembra ormai scontato. 

Riguardo Vatanadiran, sia Warner che Universal se lo stanno già litigando a suon di milioni, intenzionati a lasciare carta bianca ad un autore destinato a fare la storia del cinema.


Recensito da: Vidur

Ps: sì, ero ironico. 

TRASH: 98/100

Noia: 77/100

Ridicolaggine degli effetti speciali: 92/100

Presunzione della regia: 88/100

Incapacità degli attori: 85/100

19 gennaio 2024

CASSIODORO IL PIU’ DURO DEL PRETORIO

Di Oreste Coltellacci. Con Renzo Montagnani, Oreste Lionello, Salvatore Baccaro, Mario Carotenuto, Aldina Martano, Katia Christine. ITALIA / 1975 / CINE CAST

“Cassiodoro Cassiodoro alle donne che cosa faiiii

Ma che hai, dillo anche a noi, perché sospirano sempre così:

AAAAHHH...OPTIME!!!"

Scovato nei meandri di Amazon Prime Video, nascosto in un canale specializzato in film di merda italiani prodotti fra gli anni ‘60 e i primissimi anni ‘90 (il film più recente dovrebbe essere del 1993), chiamato senza tema di ludibrio Cine B-Movie, il qui presente Cassiodoro Il Piu’ Duro del Pretorio -titolo effettivamente divertente- è una classica commedia sexy con ambientazione storica, ovviamente antica Roma, per la precisione epoca Neroniana. Il peplum (o lo sword and sandal come lo chiamano gli ammmericani) è un genere che reputo a suo modo affascinante, forse perché è talmente passato di moda da risultare quasi esso stesso un reperto archeologico di un passato cinematografico estinto.

Cassiodoro l’Etrusco è un soldato a cui piace molto la gnagna e molto poco combattere, ma per un caso fortuito riesce a catturare Vindice, il capo di una tribù barbara ribelle; grazie a questa impresa inizia una breve carriera che lo porterà da centurione a console prima di rovinarsi con le sue stesse mani. Come avrete intuito, l’epiteto di “duro” attribuito a Cassiodoro non si riferisce alle sue doti belliche, quanto alle sue doti amorose che, da buon smargiasso toscano, esibisce ad ogni piè sospinto. Nelle sue avventure Cassiodoro viene accompagnato dal fido Sulpicino da Avellino (un giovane Oreste Lionello) e da uno schiavo gay, il quale dà adito ad una serie sterminata di battute di dileggio che farebbero arrossire anche Biagio Izzo. Ok, Biagio Izzo magari no, diciamo Ezio Greggio.


A livello trash il film parte a razzo con la canzoncina di cui trovate il testo in apertura e una serie di battute come “È veloce il tuo cocchio? Certo, è un due cavalli!” oppure “Bella abbronzatura!”, riferito ad uno schiavo di colore che avrà anche l’onore di pronunciare la battuta “Badrone, l’imperadore chiede sesterzi”, al ché Cassiodoro risponde ovviamente “No, andremo sempre dritto”.

Il resto del film non regge questo ritmo e ad essere obiettivi, la trama in realtà non è neanche malaccio. La storia di questo centurione intrallazzone fissato con le donne e odiatore della guerra è anche interessante (c’è pure un piccolo colpo di scena effettivamente riuscito) e Renzo Montagnani, nel ruolo principale è, come da prassi, fantastico. Al netto di alcune battute atroci che gli fanno pronunciare, centra perfettamente il personaggio mostrando noncuranza, malcelato disprezzo e salace ironia verso la prosopopea dell’Impero Romano e della sua ossessione verso l’esercito.


Peccato che le idee scarseggino, che i personaggi di contorno siano terribili (eccetto Mario Carotenuto nel ruolo di Nerone), che la confezione tecnica sia incredibilmente povera, che la regia sia pigra e scolastica, che il montaggio sia effettuato con le cesoie, che una buona metà del doppiaggio sia totalmente fuori sincro e che le gag siano così brutte che fanno ridere talmente non fanno ridere. Da segnalare anche nell’ordine: la presenza di Salvatore Baccaro -celebre caratterista affetto da acromegalia-, un evidente furto di sequenze da altri film (probabilmente Ben-Hur e/o Spartacus) nelle scene dei combattimenti fra gladiatori e un finale assolutamente assurdo e imbarazzante, con dei cammelli che parlano siciliano (!) e una fuga alla Benny Hill, con tanto di effetto fast forward e musichetta buffa.


Alla regia figura il produttore Oreste Coltellacci, alla sua unica opera dietro la macchina da presa, ma è probabile, come spesso è accaduto, che ad acchitare il tutto in realtà sia stato Aristide Massacesi, co-autore della sceneggiatura. Non per niente vi è una bella quantità di donne discinte, elemento imprescindibile di ogni commediazza sexy all’italiana. Insomma stringi stringi e alla fine la cosa migliore è la musichetta iniziale...Optime


Recensito da: Vidur


TRASH: 77/100

Noia: 57/100

Ridicolaggine degli effetti speciali: 82/100

Presunzione della regia: 28/100

3 gennaio 2024

REBEL MOON - PARTE 1: FIGLIA DEL FUOCO (aka Rebel Moon - Part One: A Child of Fire)

Di Zack Snyder. Con Sofia Boutella, Charlie Hunnam, Djimon Hounsou, Ed Skrein, Michiel Huisman. USA / 2023 / Grand Electric

Interessante notare come la trasformazione di Netlfix da servizio di streaming a casa di produzione stia accelerando e già arrivando alla sua fase finale. In casa della N rossa, infatti, hanno saltato il passaggio in cui producono bei film e/o successi commerciali per arrivare subito a defecare letame fumante. La montagna di escrementi in questione è bella grossa, 90 milioni di dollari di budget, e dalla firma prestigiosa, Zack Snyder.

È difficile capire il motivo del credito e della fan base di cui può disporre questo regista il cui unico film degno di nota rimane 300, risalente al lontanissimo 2006. Forse, le ultime chip se le è giocate con questo Rebel Moon, ed è equivalso ad andare in All In con in mano un 3 di picche e un 6 di fiori quando sul tavolo c’era un tris di assi. Basterebbe sapere che la sceneggiatura di questo film è stata scartata dalla Disney per un film della saga di Star Wars, per capire a quale abominio ci troviamo di fronte.

Ah sì? Non volete che questo film sia uno Star Wars?” – si sarà detto Snyder – “E allora rifarò Episodio IV, ma di merda!”. E così ha fatto. La trama infatti vede una giovane donna contadina che finisce per andare alla ricerca di guerrieri da altri pianeti per combattere gli eserciti tirannici che terrorizzano la sua pacifica colonia.

L’Impero qui si chiama Mondo Madre, Luke Skywalker è una diverse strong female charachter -una Mary Sue senza personalità e carisma-, Darth Vader è un incrocio fra un cosplay di Cristiano Ronaldo e Hans Landa di Bastardi Senza Gloria, la ribellione è…la ribellione.

Ma abbiamo anche lo Han Solo in versione Lidl, incontrato alla cantina di Mos Eisley in versione gay bar, che pilota un Millennium Falcon in versione Penny Market.

I cattivi ovviamente sono cattivissimi e indossano divise uscite da un incrocio fra la Gestapo e l’Armata Rossa in un pessimo film steam punk, anche se il generale (o comandante, boh, non mi ricordo che grado avesse) Atticus Noble sembra essere l’unico personaggio con un minimo di caratterizzazione ed interpretato con il giusto entusiasmo da Ed Skrein. Ci sarebbe anche una sorta di Imperatore che vive al Polo Nord e che è interpretato da un tizio che si chiama Fra Fee (veramente!), ma ha talmente poco screen time da essere totalmente irrilevante. Immagino che avrà più spazio nel secondo capitolo che uscirà ad aprile, ma credo che non lo scoprirò mai visto che col cazzo che me lo guardo. Cattivissimi fortissimi per altro che hanno le navi interstellari, ma che non sanno come rendere fertile un terreno. Mah.

La parte peggiore è forse quella centrale, in cui vanno a reclutare i vari “guerrieri” per combattere il Mondo Madre. Questi tizi sembrano usciti da un picchiaduro anni ’90, ma non quelli fighi come Mortal Kombat o Street Fighter, ma piuttosto uno di quei ripoff poveri tipo Dangerous Streets o Time Killers: una sorta di indiano dagli addominali scolpiti che cavalca un ippogriffo, una donna samurai asiatica, un ex generale ubriacone trovato sul pianeta Gladiatori (perché lui è Djimon Hounsou, che ha fatto Il Gladiatore, eh ve lo ricordate? Eh eh eh?), più un altro cosplay, ma questa volta del personaggio di Gary Dourdan in Alien 4.

Il bello è che questi personaggi ci vengono introdotti con tutta una prosopopea tonitruante per poi praticamente sparire nella terza parte, in cui ogni tanto rispuntano inquadrati per cinque secondi giusto per ricordarci che esistono.

Avrei anche potuto perdonare l’estrema derivazione della storia, se almeno tutto il resto fosse stato buono, ma la realtà è che forse è anche peggio. Interpretazioni annoiate, regia fastidiosa, fotografia buia e deprimente, scenografie artefatte, CGI mediocre, musiche inesistenti, flashback eterni che interrompono la narrazione, monologhi imbarazzanti alla Gli Occhi del Cuore (“Non so se sono capace di amare! Sigh! Sob!”), manca un vero e proprio sviluppo della trama, combattimenti noiosi resi ridicoli dal solito uso smodato di slow motion e soprattutto è una grandissima rottura di palle. Dura due ore che sembrano tre mesi e alla fine non te ne frega un cazzo della storia, dei personaggi e del seguito (oppure della versione estesa del regista che dura un’ora in più, che probabilmente verrà usata come strumento di tortura per i prossimi interrogatori della CIA).

Un prodotto tanto povero di fantasia e qualità, quanto ricco della proverbiale presunzione e seriosità di Snyder, che ha pure avuto totale carta bianca per produrre questa roba. Ed ecco la carta che fine avrebbe dovuto fare. 


Recensito da: Vidur


TRASH: 88/100

Noia: 87/100

Ridicolaggine degli effetti speciali: 62/100

Presunzione della regia: 98/100


LEGENDA - per capire meglio le nostre recensioni e le nostre votazioni

Questo blog tratta esclusivamente film di infimo livello, per cui i nostri criteri di giudizio sono totalmente differenti da quelli che potreste trovare in un qualsiasi sito di recensioni cinematografiche; nello specifico noi qui a Pellicole dall'Abisso teniamo conto di 5 fattori ed abbiamo deciso di esprimere il voto in centesimi per consentire maggiori sfumature;

1) VOTO TRASH: è il più importante ed è un voto generale; se volete semplicemente sapere quanto sia ''patetico'' o involontariamente comico un film fate riferimento a questo dato.

2) VOTO NOIA: abbiamo scoperto nella nostra esperienza che la noia è un elemento ricorrente (ed estremamente fastidioso) di questo genere di film. Più è alto il valore più bisogna avere le palle di ferro per poterlo sostenere

3) RIDICOLAGGINE DEGLI EFFETTI SPECIALI: non credo servano particolari spiegazioni.

4) PRESUNZIONE DELLA REGIA: In molti casi i registi sono ben consci di star girando una puttanata clamorosa, e quinidi tendono a prendersi in giro da soli.. ma ci sono altri registi che invece sono fermamente convinti che il loro film sia una specie di capolavoro visionario low-budget, e spesso sono proprio questi i più grandi capolavori del trash. più è alto il valore più il film ''se la crede''.

5) INCOMPETENZA DEGLI ATTORI: inutile dare un voto alle abilità degli attori in questo genere di film, abbiamo ritenuto più funzionale dare una valutazione di quanto gli attori siano cani

ARCHIVIO RECENSIONI