DON'T LOOK UP (ADAM MCKAY / 2021)
L'epitome del radical chicchismo sinistroide petaloso hollywodiano e infatti è stato candidato all'Oscar. La prima parte in realtà non è neanche così male, Di Caprio e la Lawrence sono belli e bravi come sempre, poi la “critica sociale” diventa pura e semplice farsa e smette di far ridere. Inqualificabile il personaggio di Jonah Hill, le cui note di sceneggiatura probabilmente erano: “dì la cosa più stupida che ti viene in mente, condendola di connotati classisti e razzisti, perché i repubblicani sono cattivi e stupidi, mentre i democratici sono buoni e intelligenti”.
ASSASSINIO SUL NILO (KENNETH BRANAGH / 2022)
Assassinio sull'Orient Express aveva i suoi difetti, ma la storia era avvincente e ben costruita, le scenografie spettacolari e le interpretazioni di ottimo livello. Tutto il contrario di questo moscissimo giallo, che più che un film da cinema sembra una lunga puntata di una qualunque serie di Poirot, trasmessa su Rete 4 prima di cena. La Valle del Nilo non è mai sembrata così finta, la storia è prevedibile e senza ritmo, gli attori poco convinti, a partire da Gal Gadot e Armie Hammer, caduto in disgrazia dopo aver mandato messaggi ad una ragazza in cui diceva di volerle mangiare il cuore (veramente!). Sarebbe stata una storia sicuramente più interessante di questa.
THE IRISHMAN (MARTIN SCORSESE / 2019)
Scorsese è uno dei miei registi preferiti di sempre, ma piuttosto che riguardare i suoi due ultimi film, Silence e questo The Irishman, preferirei farmi trifolare i testicoli da un tagliaerba. The Irishman dura quattro mesi ed è la solita storia di gangster irlandesi e italoamericani a metà novecento. Potrei anche perdonare la banalità della trama e la lunghezza allucinante, ma non si può passare sopra ad un De Niro ringiovanito digitalmente che è semplicemente ridicolo. Parliamo di un uomo di più di 70 anni che parla e si muove come un uomo di più di 70 anni, che il film vorrebbe spacciarci per uno di 40. Aggiungiamoci anche le solite improvvisazioni alla Scorsese, con un monologo di Al Pacino che ad un certo punto viene interrotto a metà e ricominciato da capo, senza che abbia una spiegazione logica. Spiace Martin, ma un ritiro a questa età sarebbe la cosa più dignitosa.
STORIA DI UN MATRIMONIO (NOAH BAUMBACH / 2019)
Adam Driver e Scarlett Johansson? Bravi. Anzi, bravissimi. Che due coglioni però. La storia di una coppia in separazione con il figlio di mezzo si già è vista milioni di volte e raccontata in modo anche molto più coinvolgente, vedi Kramer vs Kramer. Per gli standard odierni il film non dura neanche tanto, 2 ore e 17, tuttavia sembra che duri una settimana e alla fine non ne puoi più delle loro chiacchere e speri solo di vedere la Johansson almeno in lingerie, cosa che ovviamente non succede.
MALCOLM & MARIE (SAM LEVINSON / 2021)
Parente stretto del film precedente, con l'aggravante che il tutto si svolge in un'unica sera. Estenuante, frustrante, artistoide e ovviamente veicolatore del pattume ideologico hollywoodiano. In questo caso non mi sento neanche di elogiare particolarmente gli attori, che più che recitare una parte sembrano preoccupati di fare vedere quanto sono bravi.
TITANE (JULIA DUCORNEAU / 2021)
Palma d'oro a Cannes e lunghe lingue sul deretano della regista Julia Ducorneau, almeno per me, per ragioni incomprensbili. Il film in realtà parte bene, con questa ballerina/stripper con una placca di metallo in testa che fa sesso con le auto e uccide chiunque le capiti a tiro; poi la seconda parte, totalmente senza senso, irreale ed irrealistica, delude le attese e completa un film che si accontenta di essere strano e provocatorio, dimenticandosi di come si racconta una storia.
ZACK SNYDER'S JUSTICE LEAGUE (ZACK SNYDER / 2021)
Il primo Justice League era talmente brutto e stupido che avrebbe meritato di essere recensito su questo sito, tuttavia la versione di Zack Snyder, accolta da fan e critici come la venuta del messia, è ancora più risibile. Quattro ore (quattro!) di scene al ralenty, dialoghi interminabili, flashback inutili, supereroi e supercattivi che spuntano da ogni dove, nel solito trionfo di orrenda CGI, il tutto per raccontare la storia di Batman e Superman che devono recuperare dei quadrati magici e sconfiggere i cattivi X e Y; la cosa peggiore però, è che il film manca totalmente di autoironia e trasuda da ogni singolo fotogramma una pretenziosità insopportabile (cit.), manco fosse I Dieci Comandamenti di DeMille.
ETERNALS (CHLOE ZHAO / 2021)
Secondo alcuni, addirittura il più bel film Marvel di sempre. La regia di Chloé Zhao è forse la migliore messa in campo nella categoria cinecomic, bellissimi i paesaggi (reali!) e tutto sommato la storia è pure interessante. Peccato che manchi tutto il resto, con una serie di crateri di sceneggiatura e incongruenze con “il grande disegno Marvel” che fa spavento e personaggi monodimensionali, interessanti come un fermaporta, vedi la protagonista di cui ho già rimosso il nome. E anche qui, una pretenziosità totalmente fuori luogo e una durata a dir poco eccessiva, completano il quadro di questo ipersopravvalutato mattone.
GREEN BOOK (PETER FARRELLY / 2019)
Essere razzisti è brutto, i neri hanno il ritmo del sangue e gli italiani mangiano la pizza. Potremmo sostanzialmente riassumere così questo film in cui cliché, stereotipi, banalità e prevedibilità trionfano incontrastati. Si tratta di un prodotto del tutto innocuo, il cui messaggio è riassunto meglio da una qualunque pubblicità dei Ringo. Però si sa, Black Lives Matter, quindi Oscar.
HAMMAMET (GIANNI AMELIO / 2020)
Favino? Fenomenale. Il trucco? Incredibile. La regia? Un capolavoro tecnico. Ma il film? Eh, il film non c'è. Oppure, c'è ma non si vede. Si gira in tondo sul praticamente nulla per oltre due ore in attesa che succeda qualcosa, che poi puntualmente non succede e la noia a tratti è quasi devastante. Sicuramente meglio di una qualunque commediazza italiana del comico di turno, ma tutto sommato una delusione.
A cura di: Vidur
2 commenti:
Ci avete preso non poco, specialmente nel notare e rigettare il pattume ideologico hollywoodiano che infesta il cinema da 20 anni. Almeno prima aveva del senso, ormai è solo dar voce alle lamentele di gente viziata.
PS: Capeshit non è cinema.
Levate la Snyder's cut. Dire che è più risibile della versione cinematografica non sta né in cielo né in terra.
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