Continuiamo il nostro viaggio nel "Manicomio" di Hollywood. Se te la sei persa, trovi la prima parte qui.
a cura di: Imrahil
LE CAUSE LEGALI
«Io non voglio abbindolare nessuno, sto solo tentando di vedere realizzati i miei film. Molti fanno tie-in tutto il tempo, solo che lo fanno in modo più sottile; un altro studio potrebbe fare un film con giganteschi robot in coincidenza della pubblicazione di Transformers e chiamarlo "Robot Wars". Noi chiameremo il nostro Transmorphers» David Latt
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Ecco a voi un incattivito Transmorpher (è pure difficile da scrivere) |
Come potrete immaginare, dedicarsi alla realizzazione di mockbusters è dal punto di vista legale come correre contromano in autostrada, ma David Latt non è certo uno sprovveduto. Infatti non è propriamente corretto dire che i film della Asylum siano delle riproduzioni pari pari del film a cui si "ispirano": la maggior parte delle volte il film (o per lo meno la trama) non centra assolutamente nulla con il corrispettivo film di successo, il che pone The Asylum in una forma di protezione dalle cause che inevitabilmente colpivano gli studi californiani. La difesa di Latt era tanto semplice quanto impenetrabile: "Non è lo stesso film, parla di tutt'altro, è una vera sfortuna che i titoli siano così simili. Anzi, siete voi che state danneggiando me! Il mio film è uscito prima!". Le cause comunque fioccano a destra e a manca, ma molto raramente si giunge ad una seria condanna, ed il più delle volte l'Asylum se la cava apportando minime modifiche al titolo. Negli Stati Uniti è sufficiente usare un sinonimo. E' il caso di American Warship del 2012, che si sarebbe dovuto chiamare "American Battleship" e faceva il verso al già pessimo "Battleship" della Universal Pictures. Fantastico il triplo salto carpiato fatto dagli avvocati della Asylum in occasione dell'uscita del film "Lo Hobbit" diretto da Peter Jackson: La casa di produzione venne citata in giudizio da tre colossi (Warner Bros., New Line Cinema e Metro-Goldwyn-Mayer) in vista della produzione dell'ennesimo mockbuster, che si sarebbe dovuto chiamare "Age of the Hobbits". Questa volta non bastò dire in tribunale che gli "Hobbit" di cui si parla nel film della Asylum non sono ispirati a quelli di J.R.R. Tolkien, e venne emanato un ordine restrittivo per impedirne l'uscita. Poco male; il titolo venne cambiato in "Clash of Empires", ammiccando questa volta al film "Scontro tra Titani" (Clash of Titans in inglese) senza apportare alcuna ulteriore modifica, neppure alla locandina. Geniale.
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Prima... |
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...e dopo. |
IL SUCCESSO MAINSTREAM: SHARKNADO E Z NATION
«Gli squali funzionano e anche i disastri funzionano. Mettili insieme e ne tirerai fuori qualcosa»Anthony Ferrante, Regista di Sharknado
Chissà, forse essersela vista così brutta e aver subito per la prima volta una seppur blandissima condanna ha contribuito alla nascita di quello che possiamo considerare il più grande successo della Asylum: il franchise Sharknado. Con questo prodotto la casa di produzione getta la maschera e va in completo all-in: nasce Sharknado, un prodotto completamente originale che la butta totalmente, sfrontatamente in caciara. Basta film copiati con pretese di serietà, basta girare film brutti perchè ci sono poche idee e un budget ridicolo. Ci prendono per il culo perchè facciamo B-Movies? Adesso glielo spieghiamo noi cos'è un vero B-Movie. SBAM!
Nel 2013 esce finalmente sul canale SyFy questo assurdo film che non ci prova neanche, ma entra nel cuore di un sacco di persone e soprattutto sfonda i confini di quella piccola nicchia di cui parlavamo nella prima parte di questo articolo, e viene letteralmente divorato anche da chi di film di merda non è poi che se ne intenda. La miscela è vincente, perchè il film è totalmente caricaturale, una presa in giro di se stessi che va ad esasperare tutte quelle logiche che rendono tale un film di merda. Il successo, forse per la prima volta in casa Asylum, è planetario. Il film viene addirittura proiettato al cinema in Inghilterra. Nonostante rimanga in sala per una sola notte gli incassi arrivano a 200.000 sterline, che spannometricamente corrispondono al 20% del budget stanziato. Mica male! Seguiranno a questa uscita, con cadenza praticamente annuale, ben cinque sequel, tutti di discreto successo.
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Parliamo di un successo da meritare merchandising e addirittura un Funko-pop. |
Non di soli film vive l'uomo, avrebbe detto Gesù Cristo se fosse vissuto nell'epoca dei lockdown e del Covid-19: nel 2014 The Asylum si lancia nel mondo delle serie TV, producendo l'ambizioso e oggettivamente godibile Z Nation. La suddetta serie sbarca su Netflix e, pur essendo sulla carta solo una brutta copia di "The Walking Dead" riscuote un buon successo, questa volta anche con la critica. Ad oggi siamo arrivati a cinque stagioni ed uno spin-off (Black Summer), la cui valutazione complessiva raggiunge un ragguardevole 6,7 su IMDB.
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Considerato lo sfacelo finale di "The Walking Dead", questo Z Nation probabilmente è pure migliore. |
LE STAR
Con lo sterminio di film che la Asylum ha fatto uscire (stiamo parlando di qualcosa come 238 lungometraggi in 26 anni) di attori da quelle parti se ne sono visti passare parecchi. Tratto comune di tutti loro ovviamente deve essere il basso cachet per politica aziendale, ma in mezzo a un enorme numero di nullità noteremo un sacco di figure ricorrenti, tra le quali spiccano artisti dimenticati, come la pop star degli anni '80 Tiffany, per non parlare di Graham Greene, co-protagonista di "Balla coi Lupi". Troviamo in alcuni film il ben riconoscibile volto di Machete, Danny Trejo. Perfino Carmen Electra ad un certo punto della sua carriera è finita nel giro della Asylum e si presta come co-protagonista di 2-Headed Shark Attack, in cerca di un tozzo di pane raffermo. Come non citare l'attrice e stuntwoman neozelandese Zoë Bell, uno dei tanti feticci di Quentin Tarantino, sarà la protagonista di "Mercenarie", rivisitazione in gonnella dei mercenari guidati da Sylvester Stallone. E, ovviamente, non può mancare l'immenso e vanesio David Hasselhoff chiamato spesso e volentieri ad interpretare niente popò di meno che sè stesso.
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Possiedimi, David |
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