Sono passati otto lunghissimi anni dall’ultima volta che ci siamo occupati di recensire un Godzilla. Purtroppo in questo caso non si tratta di un film dell’originale filone nipponico con un tizio dentro un costume da dinosauro atomico che butta giù dei modellini e che combatte contro un altro tizio vestito da uccello preistorico, ma di un’americanata in grande stile e dall’immenso budget.
Il film in questione è un seguito di un Godzilla reboottato (termine inventato da me ora) nel 2014, diretto dal regista di Rogue One (Gareth Edwards) e che al botteghino aveva riscosso un buon successo. Tutti gli attori principali però, incassato l’assegno, hanno ben pensato di salutare la compagnia, costringendo la produzione a puntare su nuovi volti, tra cui il solitamente eccellente Kyle Chandler, la solitamente pessima Vera Farmiga e la solitamente “Eleven” di Stranger Things, Millie Bobby Brown.
Il film parte un po’ con il freno a mano tirato per poi acquistare un buon ritmo nella seconda parte, in cui finalmente vediamo i nostri “Titani” in azione. Peccato che nel trailer e ad inizio film Ken Watanabe ci illuda dicendo che ci sono diciassette mostri in giro, mentre alla fine della fiera ne vediamo solo quattro: Godzilla, Ghidorah, Mothra e Rodan. Proprio Ghidorah rappresenta il villain del film, opposto al buon Godzilla che, aiutato dalla tenera Mothra, si erge a difensore della terra, un grande classico della serie.
Una delle caratteristiche principali di questo film è il totale spregio per la logica degli spostamenti; umani e mostri si muovono da un punto all’altro del pianeta in uno schiocco di dita senza nessuna spiegazione: un momento i nostri eroi sono in Messico, il momento dopo sono a Boston, un momento Godzilla è in Antartide, il momento dopo è in una città sperduta sotto il mare, un momento Ghidora è a San Francisco, il momento dopo è in Cina, un momento Rodan è a Femminamorta in provincia di Pistoia, il momento dopo è a Portobuffole in provincia di Treviso.
Significativo in questo senso, è la scena in cui “Eleven” fugge da un’ultra segreta base militare affanculandia per poi ritrovarsi a Boston in men che non si dica, andare allo stadio e collegare l’apparecchio che emette le frequenze all’impianto audio per far sì che tutti i mostri diventino improvvisamente docili. Cioè, questa collega sto coso a degli altoparlanti di uno stadio a Boston e i mostri dislocati tra il Gabon e la Germania lo sentono e si fermano. Come avrete capito quindi, il film non si fa problemi a sparare cazzate a raffica, anche se tenta maldestramente di farci affezionare ai personaggi, la cui stragrande maggioranza è totalmente superflua. I militari sono tutti dei diversamente etnici senza volto, Ken Watanabe non fa altro che dire “GOJIRA!” con spiccato accento giapponese e la professorina cinese ha il solo compito di dare il nome ai vari mostri che compaiono sullo schermo.
Bocciato quindi? Non del tutto, perché le botte tra mostri sono realizzate a regola d’arte e alla fine quello che chiedi ad un film di Godzilla lo ottieni, ovvero intrattenimento innocuo e senza pretese in cui dei mostri combattono tra di loro. Ovvio, se volete ridere e vedervi un VERO Godzilla lasciate perdere questo Blockbusterone e recuperatene uno random qui recensito.
Certo che una comparsata a Gigan...
...potevano fargliela fare…
Recensito da: Vidur
TRASH: 67/100
Noia: 45/100
Ridicolaggine degli effetti speciali: 20/100
Presunzione della regia: 56/100
Incompetenza degli attori: 66/100
SE TI PIACE GUARDA ANCHE: qualsiasi altro film con Godzilla contro qualcun altro. Ma quelli veri.