Buongiornissimo! Caffè??? |
AHAHAHAHA NO VABE'. (ti pareva che il cane del cazzo non si mettesse la maschera?) |
"And the academy award for best supporting actor goes to..." |
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Di Roy Ward Baker. Con Christopher Lee, Dennis Waterman, Christopher Matthews, Jenny Hanley. Regno Unito / 1970 / Hammer Films
Continuiamo il nostro filone vampiresco con uno degli ultimi film della leggendaria Hammer con il leggendario Christopher Lee ad interpretare il leggendario Dracula; si tratta addirittura della quarta pellicola girata da Sir Christopher Frank Carandini Lee nel solo 1970, dopo Il Conte Dracula, Controfigura per un delitto ed Una Messa per Dracula, ovvero le ultime cartucce di un fucile ormai scarico e privo di ogni fascino.
Girato con quattro soldi e con una svogliatezza generalizzata davvero avvilente, Il Marchio di Dracula è sostanzialmente una rottura di coglioni galattica, in cui non succede praticamente un cazzo.
Il castello di Dracula e dell’Aigor di turno viene messo a ferro e fuoco dagli abitanti del villaggio vicino -una decina di figuranti vestiti di stracci- dopo l’ennesima uccisione di un'illibata fanciulla. Il Principe delle Tenebre però risorge grazie ad un simpatico pipistrello che sbatte le sue alucce meccaniche cigolando come una bicicletta anni ’60 e che droppa delle goccine di sangue sul suo cadavere.
Nel frattempo, l’impenitente donnaiolo Paul seduce la fidanzata del fratello alla di lei festa di compleanno e per sfuggire alle guardie del Borgomastro, finisce dritto filato nel castello dell’appena risorto Dracula.
Paul sembrerebbe il protagonista, nonché il personaggio migliore del film e quindi giustamente viene ucciso a metà del secondo rullo. Così, il centro della scena viene preso dal noiosos fratello Simon e dalla sua promessa sposa che non fanno altro che dirsi quanto si amano e quanto siano preoccupati per Paul.
Le cose non si rianimano neanche quando i due arrivano al castello, in quanto Dracula non sarà in scena per più di dieci minuti scarsi in totale e fa pure cose senza senso, come uccidere a coltellate una donna vampira; e qui neppure l’immensa classe di Christopher Lee riesce a mascherare il suo tedio, percepibile fin dal primo momento in cui compare in scena.
Quasi da ridere il finale con Dracula che viene ucciso da un fulmine che colpisce un bastone di ferro che stava brandendo per uccidere il buon Simon.
Pur perdonando le scenografie di gommapiuma e il pipistrello cigolante -data l’epoca e il budget- non si può passare sopra al ritmo catatonico e ad una messa in scena sciatta e impiegatizia, il cui effetto è paragonabile all'iniezione in vena di un mix di Roipnol e radici di valeriana.
Un paio di scene splatter e le splendide grazie esibite dalla popputa Jenny Henley fungono da unici elementi di interesse per un prodotto che anziché fare onore alla gloriosa storia degli horror della Hammer, gli sputa quasi in faccia.
Recensito da: Vidur
TRASH: 77/100
Noia: 91/100
Ridicolaggine degli effetti speciali: 81/100
Presunzione della regia: 65/100
Incompetenza degli attori: 74/100
Assoluto outsider, nonché quasi un unicum nella cinematografia mainstream moderna, la nuova opera di Martin McDonagh è un film destinato a mietere premi (candidato a 9 Oscar!), strappare consensi dalla critica e a, quasi fisiologicamente, dividere i gusti del pubblico.
McDonagh aveva già fatto il botto con l’eccellente Tre manifesti a Ebbing, Missouri, dopo un paio di cult passati sottotraccia come In Bruges e 7 Psicopatici, e si conferma essere uno degli autori più coraggiosi e fuori dagli schemi di questi disgraziati decenni.
Gli Spiriti dell’Isola narra una storia apparentemente semplice, se vogliamo banale, di un’amicizia che si interrompe all’improvviso e senza una spiegazione. Il vecchio e introspettivo Colm, un violinista, decide infatti, da un giorno all’altro, di non parlare più al suo migliore amico, Padraic, un allevatore tanto puro di cuore quanto povero di ingegno. Le conseguenze del gesto di Colm saranno terribili e imprevedibili, accentuate dal fatto che il tutto si svolge in una piccola isola (di fantasia) al largo della costa irlandese, ai tempi della guerra civile.
Dramma con tante punte ironiche, basato quasi esclusivamente sui dialoghi, Gli Spiriti dell’Isola, si presenta come un film concettuale, in cui le dinamiche che coinvolgono lo stolido ma gentile Padraic e il profondo ma spocchioso Colm, fanno da specchio a molteplici interpretazioni. Si può passare da una metafora dei conflitti tra gli uomini che nascono per motivi futili per poi trasformarsi in guerre fratricide, ad una sorta di coming of age del protagonista -costretto a crescere e a mettersi in discussione per la prima volta nella vita- o ad una contrapposizione di approccio all’esistenza stessa, fino ad arrivare ad una riflessione più terrena sul tema dell'amicizia. Quale che sia il significato che aveva in mente il regista, lo scopo di far nascere nello spettatore più di una riflessione è sicuramente riuscito, così com’è riuscito a rendere interessante una trama teoricamente esile, ma in realtà molto potente.
Certo, non si tratta di un film per tutti: alcuni lo troveranno incredibilmente noioso e senza senso e, d’altronde io stesso, al termine della visione ho provato una certa sensazione di frustrazione per la mancanza del cosiddetto “payoff”, forse retaggio di un cinema che vuole spesso e volentieri un finale netto e definito.
Dove Gli Spiriti dell’Isola vince a mani basse è in tutto il resto: l’interpretazione dei due protagonisti, Colin Farrell e Brendan Gleeson (padre di Domnhall) è veramente di altissimo livello e se il buon Colin si aggiudicasse davvero l’Oscar non ci sarebbe nulla da dire. Fantastici anche i comprimari, in particolare la sorella di Padraic, Kerry Condon, e “lo scemo del villaggio”, Dominic, quel Barry Keoghan che aveva già lavorato con Colin Farrell ne Il Sacrificio del Cervo Sacro di Lanthimos.
Un film d'autore ricercato e intelligente, splendidamente realizzato, magistralmente interpretato, ma anche di difficile lettura e assimilazione. Se vi piace il genere, buttatevi a capofitto, in caso contrario statene alla larga.
Recensito da: Vidur
"if you wanna be my lover, you gotta get with my friends" |
"Sterminare! Sterminare!" |
Comunque gli androidi senza faccia sono così. |
Tornano le collaborazioni con il blog Pellicole dall'Abisso! Per l'occasione, ho scelto di recuperare un film interessantissimo e divertente uscito l'anno scorso, ovvero Deadstream, diretto e sceneggiato dai registi Joseph Winter e Vanessa Winter.
Trama: Uno youtuber caduto in disgrazia cerca di tornare sulla cresta dell'onda promettendo a followers e sponsor che passerà una notte in una casa infestata senza mai uscire, qualunque cosa accada. Ovviamente, cose ne accadranno diverse e nessuna piacevole...
Prima di cominciare il post, una doverosa dichiarazione: Marika, Lucia, NO MA GRAZIE EH!! "Deadstream è l'horror più divertente dell'anno", allora la sottoscritta decide di guardarselo una sera che è sola in casa, ma poi è costretta ad aspettare il ritorno del Bolluomo perché troppo terrorizzata per andare a dormire. Ragazze, vi amo, ma vi odio anche un po', sempre con love.
Finito lo shoutout alle mie due gurE dell'horror, parliamo di Deadstream. La pellicola di Joseph (che ci mette anche la faccia) e Vanessa Winter è tutto quello che avrebbe potuto essere quella schifezza malvagia di Dashcam e che invece non è stato, pur partendo da presupposti molto simili. Anche qui abbiamo uno youtuber di dubbissima simpatia, uno stile che ripropone i livestream con tanto di commenti degli utenti e una situazione in cui al protagonista ne succedono di ogni, ma i due film non potrebbero essere più diversi. Intanto, e per fortuna, il protagonista Shawn è un minchia fatto e finito ma è anche un personaggio di finzione verso il quale, di tanto in tanto, si può anche provare empatia, mentre Annie Hardy è purtroppo vera ed è, per quanto mi riguarda, la feccia dell'umanità. Seconda cosa, Deadstream è tecnicamente molto più valido e piacevole da guardare, nella misura in cui all'interno di Dashcam non c'è una sola maledetta inquadratura a fuoco e l'effetto vomitillo o "vedononvedomasoprattuttoNONvedo" è assicurato, qui invece il protagonista è dotato del top di gamma delle attrezzature da youtuber, il che non solo rende chiarissime le riprese in soggettiva ma consente anche degli stacchi di montaggio comprensibili e coerenti con la situazione. In ultimo, ma non meno importante, Deadstream è divertente e vario nonostante la presenza di un solo protagonista chiuso all'interno di un edificio per tutta la durata del film.
Attenzione, però. Il fatto che Deadstream sia divertente (e lo dico perché ci ho picchiato col naso, come avete capito dalle prime righe del post) non vuol dire che non faccia paura, così come succedeva con i primi due Evil Dead, ai quali il film di Joseph e Vanessa Winter guarda spesso e volentieri. Shawn è solo come un cane, genuinamente spaventato, e le varie telecamere che ha montato non solo mostrano segni tangibili di attività paranormale, ma si rivelano anche inutili nel momento in cui è costretto ad andare a vedere di persona, come promesso a follower e sponsor; in più, le presenze (per quanto spesso "giocose" e veicolo di uno humor nero molto Raimiano) hanno un make-up efficace ma disgustoso quanto le cose zozze e schifide che infestano la casa, a proposito delle quali in un paio di scene ho distolto lo sguardo, sì, ma dal ribrezzo.
Il risultato, con me, è stato quello di costringermi a guardarmi attorno ad ogni rumore, soprattutto all'inizio del film, quando i due registi e sceneggiatori giocano con ombre, suoni sospetti e suggestioni, filtrando il tutto attraverso lo sguardo di un povero belinone che se le va letteralmente a cercare. In questo senso, sì, si ride parecchio. L'interazione tra Shawn e i suoi followers, soprattutto quando a un certo punto cominciano ad arrivare video funzionali e spietati, è molto più interessante e divertente di quella mostrata in Dashcam, e da "linguista" che odia tantissimo sia il massacro perpetrato dalla pronuncia inglese ai danni del latino (non avete idea dei brividi che mi venivano guardando Le terrificanti avventure di Sabrina) sia l'ignoranza bue del popolastro americano, ho quasi sputato un polmone dal ridere nella sequenza in cui Shawn si presta a ripetere parole latine dal significato lapalissiano, offrendosi come un cretino a qualunque demone abiti la casa.
In conclusione, se cercate un horror simpatico e divertente, di sicuro Deadstream fa al caso vostro ma attenti a non sottovalutarlo o rischiate di fare la mia stessa, ingloriosa fine.
Recensito da: Babol