31 agosto 2011

SOTTO IL VESTITO NIENTE – L'ULTIMA SFILATA

Di Carlo Vanzina. Con Francesco Montanari, Vanessa Hessler, Richard E. Grant. ITALIA/2011

The Last Fashion Show (2011) on IMDb

So che state pensando che ci stiamo imborghesendo con tutti questi film mainstream che infettano la scena, ma nel nostro blog non poteva mancare un patetico thriller ad opera di Carlo Vanzina.

“Sotto il vestito niente” è una sorta di sequel di un film omonimo girato dallo stesso Vanzina nel 1985; fu stroncato dalla critica, ma ottenne un buon successo di pubblico.
Volendosi staccare per un attimo dalle solite commedie pecorecce all'italiana che gli hanno fruttato miliardi di dollari, il buon Carlo ci riprova con questa sorta di film giallo ambientato nel mondo della moda milanese. Il risultato è uno scialbo filmetto, che regala qualche momento di ilarità involontaria, ma che resta ben lontano da ogni tipo di eccellenza.
La supermodella Alexandra, dopo una sfilata a Milano, viene travolta e uccisa da un pirata della strada. Si pensa ad un incidente, ma il testardo ispettore di origini sicule Malerba, la pensa diversamente e inizia ad indagare. Nel frattempo, lo stilista Federico Marinoni rimpiazza subito la defunta Alexandra, con la bellissima Britt, giovane ed ingenua fioraia svedese. Il suo arrivo creerà invidia e rivalità, mentre il misterioso assassino continua a mietere vittime fra le modelle.
La trama in sé ed il suo svolgimento non sarebbero neanche malissimo, la confezione però è sciatta e senza guizzi, la colonna sonora si alterna fra la solita musica zarra e quei sottofondi di “pathos” tipici dei gialli hitchkokiani, piazzati però totalmente a caso.
Francesco Montanari, il mitico Libanese della serie “Romanzo Criminale”, è imprigionato in un personaggio stereotipatissimo dell'ispettore siciliano tutto d'un pezzo e recita costantemente con l'espressione: “vabè, ormai che siam qui facciamo 'sta cazzata”. Vanzina non si è voluto far scappare neanche l'immancabile linea comica, con i “simpaticissimi” battibecchi tra Montanari e il suo sottoposto Caruso. Vanessa Hessler si distingue per una legnosità fuori dal comune, mentre Giselda Volodi spacca lo schermo con la sua straordinaria bruttezza.
Nella sua sciatteria, il film però si salva con un paio di momenti trash di buona fattura, come la sequenza dell'investimento e l'assassino che riesce a mancare con una pala la sua vittima da 0,1 centimetri.
A proposito dell'assassino, essendo questo film la fiera dell'ovvio, io e la mia socia di visione abbiamo capito chi era il killer dopo manco 10 minuti.
In conclusione, siamo di fronte ad un film che, nonostante le premesse, si rivela abbastanza trascurabile, dove la prevedibilità e la scontatezza regnano sovrani, regalandoci un'ora e mezza di quasi nulla.

Recensito da: Vidur


VOTI
TRASH: 52/100
Noia: 61/100
Ridicolaggine degli effetti speciali: n.p.
Presunzione della regia: 68/100
Incompetenza degli attori: 75/100


SE TI PIACE GUARDA ANCHE: l'originale o i cinepanettoni, ma poi non tornare più qui.




23 agosto 2011

IL NOME DEL MIO ASSASSINO (aka I Know Who Killed Me)

Di Chris Siverston con Lindsay Lohan, Julia Ormond, Neal McDonaugh, USA, 2007, 360 Pictures

I Know Who Killed Me (2007) on IMDb

"Le persone si tagliano e dopotutto é la vita" (boh se lo dici tu...)

Finalmente approda su Pellicole dall'Abisso, “Il Nome del mio Assassino” vero é proprio pezzo di storia del cinema di serie z, pluripremiato, con ben 8 razzie awards (gli anti oscar per eccellenza); tra i quali é giusto ricordare: Peggior film, Peggior regia, Peggior attrice, Peggior sceneggiatura, Peggior pretesto per girare un film horror (quuest'ultimo, introdotto appositamente per questa pellicola, é veramente geniale! E mi ha convinto a vedere il film).
Devo dire, però, che mi sono avvicinato a questa pellicola con una certa spocchia, ah si 8 razzie awards? A beh capirai, che ne sapete voi della giuria dei razzie di film di merda? Avete mai visto Riecco Aborym, Bloody Psycho o Brotherhood-Patto di sangue? E invece devo ricredermi, perché se non ci lasciamo abbindolare dal figettume garantito da un budget sicuramente di livello, scopriremo che la pellicola in questione é veramente degna di essere considerata una pellicola dall'abisso.

Aubry (Lindsay Lohan) la classica brava e studiosa ragazza della provincia americana viene rapita e mutilata da un serial killer. Pochi giorni dopo la sua scomparsa viene trovata una ragazza mutilata, identica ad Aubry in tutto e per tutto, ma che dice di chiamarsi Dakota (sempre Lindsay Lohan), di essere una spogliarellista e di non ricordarsi nulla di ciò che le é successo, ma soprattutto dice di non essere Aubry! Sarà lo shock ad averle fatto perdere la memoria o c'é sotto qualcos'altro?

Il merito della pessima riuscita del film va da ascrivere oltre che ad una Linsday Lohan spaesatissima e ad una Julia Ormond semplicemente agghiacciante e meritevole di una denuncia al tribunale dell'Aia (si, penso che la sua interpretazione possa essere considerato un crimine contro l'umanità), va soprattutto attribuito al regista Chris Siverston il quale, evidentemente convinto di essere un genio visionario, decide di associare a ciascuna delle due protagoniste un colore, per Aubry é il blu elettrico, per Dakota il rosso scarlatto. Bene, e dopo aver avuto questa geniale intuizione, decide di darci sotto con il blu elettrico piazziadolo ovunque! Chissà che figo il risultato avrà pensato! Rose blu, pullover blu, guanti blu, cappellino blu, pure il collarino del gatto é blu! Ma cazzo Chris basta per favore con sto blu, dopo un ora hai abbondantemente rotto! E allora sotto con il rosso: strip club rosso, vestiti rossi, scarpe rosse... Dio santo, Chris mannaggia a te e ai tuoi colori primari del cazzo! Per fortuna che non c'era una terza Lohan sennò mi toccava pure il giallo canarino...
Ma come viene detto nel film “tutti abbiamo una metà, un doppio, un pari e un dispari, un positivo ed un negativo e via dicendo” anche nella realtà il buon Chris ha la sua degna controparte, ovvero il suo sceneggiatore Jeff Hammond. il quale partorisce una sequela di stronzate interminabile, tra cui un finale incredibile. Purtroppo per riportarvelo devo spoilerare a manetta:

SPOILER:

Dakota e Aubry sono effettivamente due persone distinte, due gemelle per la precisione, separate dalla nascita, perchè la mamma tossica di Dakota ha venduto Aubry per denaro. Ma le due sono rimaste legate da una specie di potere paranormale chiamato stigmate (?!), per il quale se una delle due si ferisce, pure l'altra si ferisce nella medesima maniera (sai che palle!). Grazie a questo potere Dakota riesce a ritrovare Aubry e liberarla dalle grinfie del serial killer, che si scoprirà essere l'ex insegnante di pianoforte di Aubry che tagliava mani e piedi alle sue ex allieve, così per hobby. E il movente? E boh non c'é, però in casa aveva una camera piena di gambe di legno appese al soffitto, non so se la cosa può interessarvi.

FINE SPOILER.

Concludo chiedendo scusa alla giuria dei Razzie Awards mai più metterò in dubbio il loro giudizio e la loro competenza, hanno dimostrato con “Il nome del mio assassino” di saper riconoscere la merda pura quando la calpest... ops volevo dire la incontrano.

Recensito da Azagthoth


VOTI:
TRASH 82/100
Noia 92/100
Ridicolaggine degli effetti speciali 11/100
Presunzione della regia 95/100
Incapacità degli attori 83/100





SE TI PIACE GUARDA ANCHE: datti all'alcolismo come ha fatto la Lohan

9 agosto 2011

7 PER L'INFINITO CONTRO I MOSTRI SPAZIALI (aka Horror of the Blood Monsters)

Di Al Adamson. Con John Carradine, Robert Dix, Vicky Volante. USA/1970

Horror of the Blood Monsters (1970) on IMDb
"Ah, è molto triste vedere un mondo che muore"

Ecco, diciamo che considerare "7 per l'infinito contro i mostri spaziali" un film è una mossa quantomeno generosa. Più che altro è un guazzabuglio sconclusionato e delirante, realizzato senza un dollaro e senza il minimo di impegno e professionalità. Ne viene fuori una pellicola dall'abisso che sa regalare momenti di pura ilarità, come lunghi periodi di stasi annichilente e di sequenze ripetute fino allo sfinimento.

Il "film" si apre con un incipit secondo il quale i vampiri della terra stanno colonizzando il pianeta uccidendo tutti gli umani. Per fermare questa mattanza, viene organizzata una spedizione sul pianeta natale degli stessi vampiri per toglierli di mezzo una volta per tutte. Quest'ultima parte l'ho capita leggendo la sinossi su internet, perchè in realtà nel film questo passaggio non viene minimamente spiegato, tanto più che nessuno farà più cenno ai vampiri sulla terra, rendendo il prologo totalmente insensato e inutile.

La spedizione spaziale su un'astronava di cartone con delle sdraio di legno, è formata dal vecchio professore John Carradine, una serie di tizi indistinguibili e una biondona con la faccia anni '70 che mostra un pò di tette dalla scollatura. Tutto l'equipaggio è vestito con una bella e pratica tuta spaziale di tela marrone e un foulard blu al collo. "Dopo un lungo viaggio cosmico" e qualche incidentello, i nostri arrivano sul pianeta chiamato Astrogeos, che guarda caso è uguale alla terra e che non necessita di tute spaziali. Per ragioni totalmente oscure, il professore esperto di tutto rimane sull'astronave a combattere delle guerre stellari, mentre i valenti piloti scenderanno a cazzeggiare sul pianeta. Su di esso, due tribù nemiche (una buona e una cattiva con i denti da vampiro) si massacrano da tempo immemore. Assisteremo dunque a delle interminabili e tediosissime sequenze di questi pseudo selvaggi in mutande di pelo che si prendono a legnate con clave di plastica. Questo, finchè l'equipaggio non trae in salvo una ragazza con un costume bianco, che grazie al magnifico siero psicotico (o qualcosa del genere), si mette a parlare italiano spiegando tutta la storia per filo e per segno. L'aliena fraternizzerà con uno degli esploratori, ma chissà perchè, ma a quello viene mal di testa, sviene, viene portato sull'astronave che torna sulla terra, lasciando la povera ragazza al suo destino di essere vampirizzata. Questo è a grandi linee ciò che succede.

Le vere chicche del film però sono altre: i cattivi spaziali (non so chi) hanno il potere di far cambiare colore all'astmosfera del pianeta; ciò vuol dire che il buon Al Adamson si diverte a modificare continuamente colore del filtro della fotografia, passando dal rosso, al giallo, al verde, al blu rendendo oltremodo faticoso continuare la visione del film senza attacchi epilettici e rendendo chiaro l'uso di sostanze psicotrope da parte del suddetto regista. Essendo come detto, pazzo, povero e drogato, Adamson ha anche saccheggiato delle immagini di vecchi telefilm di fantascienza, propinandoci senza alcuna logica e con frequenza indicibile, le stesse quattro o cinque scene di spremiagrumi che volano nello spazio, di astronavine giocattolo che partono da qualche pseudo-base, esplosioni e botti vari, il tutto corredato da delle incomprensibili voci fuori campo che cianciano di flotte guerriere, imperi spaziali, guerre e guerre continue. Il tutto per far credere che il professore rimasto sulla sdraio dell'astronave stia combattendo un incredibile lotta spaziale. Come, perchè e contro di chi, è del tutto incomprensibile.

Dulcis in fundo, su Astrogeos il buon Al Adamson ci piazza delle creature primitive casuali, sovrapponendo immagini rubate a chissà chi di brontosauri, mammuth, lucertoloni e godzilla. Degni di menzione anche degli spettacolari uomini granchio (praticamente il dottor Zoidberg di Futurama) che vengono fuori dal fiume e anche degli uomini pipistrello nelle caverne.

Sicuramente sto dimenticando qualcosa, ma raccapezzarsi tra l'infinito nugolo di stronzate di questo film, vi assicuro che non è facile. Memorabile il finale rabberciato in tre secondi con la spettacolare frase ad effetto che apre la recensione.

Non trash, di più.

Recensito da: Vidur
VOTI:
TRASH: 91/100
Noia: 78/100
Ridicolaggine degli effetti speciali: 98/100
Incapacità degli attori: 66/100

SE TI PIACE GUARDA ANCHE: prendi dell'LSD, i colori sono quelli.
 


 
 

8 agosto 2011

WAR OF THE WORLDS 2: THE NEXT WAVE

Di C. Thomas Howell, con Christopher "Kid" Reid, Kim Little. USA 2008

War of the Worlds 2: The Next Wave (2008) on IMDb

George, astrofisico a tempo pieno e papà all'occorrenza sta per partire per le vacanze con la procace moglie e il pargoletto (di dubbia legittimità), purtroppo una telefonata non si sa di chi lo trattiene in città, lascia quindi andare la moglie e il piccolo, dando loro appuntamento all'obelisco davanti alla casa bianca di Washington, decisamente un luogo particolare per le vacanze.
Torna in casa e dopo essersi stravaccato per qualche ora davanti al televisore (bella la scusa della telefonata però) va a farsi due passi in città (prima di andare in una grolla a bere con gli amici presumo) dove si accorge che gli alieni stanno invadendo la terra.
La cosa non lo sconvolge troppo, come non lo proccupa il fatto che non funzionino più nè macchine, nè telefoni, quando il vicino di casa gli chiede cosa stia succedendo lui prontamente lo tranquillizza invitandolo a starsene a casa a continuare a provare a telefonare e che non gli sarebbe accaduto nulla di grave, lo saluta caldamente e torna a casa in tempo per la replica notturna di studiosport.
Il mattino dopo si accorge che gli alieni, oltre che invadendo la terra, stanno sodomizzando il pianeta e abbrustolendo gli abitanti, decide allora pigramente di intraprendere una marcia solitaria e folle verso Washington per vedere se moglie e figlio stanno bene, del resto è sicuro di incontrarli la nonostante Washington sia stata rasa al suolo "E' fisica, due corpi in moto perpetuo e casuale si incontrano una e una sola volta sotto l'obelisco davanti alla casa bianca " (terza legge di Goofy).
Uscito di casa schiva il cadavere del vicino carbonizzato ancora col telefono in mano e si incammina.
Cammina. Ovunque morte e distruzione.
Cammina. Ovunque alieni killer.
Cammina. L'umanità non ha scampo.
Arriva a Washington, trova la moglie e il figlio e gli extraterrestri che muoiono (ma come perchè?? tutti dobbiamo morire!)
Fine.
Davvero finisce così, la trama è questa, ricalca del resto l'originale che ricalca a sua volta il libro.
Ma noi di pellicole dall'abisso, che abbiamo studiato, che siamo laureati e proveniamo da studi classici abbiamo saputo cogliere ben oltre. Ben oltre.
Difatti durante il suo percorso George incontra dei personaggi, vediamo di analizzarli insieme.
Incontra il soldato, di cui è obbligo riportare il dialogo.
Soldato: "Sporco civile cosa fai da queste parti?"
George: "Sono un dottore, posso esservi utile!"
Soldato: "Ottimo, l'esercito ha sempre bisogno di un dottore"
George: "Si in realtà sono dottore in Astrofisica"
Soldato: "Ma vaffanculo va"
Dopo esser stato per qualche interminabile minuto suo compagno di viaggio si autouccide con un altro soldato che tentava di reclutarli per il suo battaglione.
Incontra poi il pastore protestante Viktor, che come dice il nome, oltre ad essere un caprone si lamenta di tutto e continuamente.
Con lui intraprende un lunghiiiiiiiiiiiiiiiiiiiissimo dialogo Fede vesus Ragione, razionalismo scientifico contro Dio, che finisce con un nulla di fatto, uno 0:0 noiosissimo causa la scarsissima preparazione dei due nelle rispettive materie (Viktor viene sberleffato da una pecorella incazzata nera con la teologia, George tenta di convincerci che del siero antirabbica possa salvare l'universo), l'incontro è peraltro bruscamente interrotto dalla morte di Viktor proprio dopo averci confessato di esser fuggito dopo avere messo incinta la ragazza e di essere un ubriacone.
Incontra inoltre il fratello, che in punto di morte cerca di celargli qualcosa di segretissimo "caro fratello, ti ho sempre voluto bene, ma soprattutto a tua moglie, salutami caramente mio figl...aehm tuo figlio e digli che suo papà gli vorrà sempre bene, pardon volevo dire suo zio gli vorrà sempre bene". George non mangia la foglia e passa tutto il resto del film a piangere.

Il film è tutto sommato considerabile molto poco Asylum, mancano infatti i mostri plasticoni e monopixel ai quali ci avevano abituato, gli alieni si vedono pochissimo e sempre in secondo piano, la recitazione è però piatta e scialba come in ogni buon film di questa casa produttrice.
Tutto sommato, il prodotto finale risulta profondo, strutturato con convinzione, commovente e impegnato, moderno ma allo stesso tempo sagace indagatore storico e foriero di valori che domineranno il prossimo secolo.
Naturalmente ve ne consiglio la visione così come ovviamente sto parlando di un altro film.


Recensito da: Ortnid

VOTI
TRASH: 69/100
Noia: 98/100
Ridicolaggine degli effetti speciali: 60/100
Presunzione della regia: 54/100
Incapacità degli attori: 60/100 


Se ti piace guarda anche: 3336645056, questo è (forse) il numero di Vidur, parlane con lui, ti aiuterà a smettere. 

6 agosto 2011

TEKKEN

Di Dwight H. Little. Con Jon Foo, Kelly Overton, Gary Daniels. USA/GIAPPONE 2010

Tekken (2010) on IMDb

Da irriducibili nerd quali siamo, ci fiondiamo al cinema per assistere alla premiere del film di Tekken (a proposito, 8 euro e 20 per un film, siamo pazzi?), in compagnia di un pubblico incredibilmente numeroso. Per chi non lo sapesse, questo film è ispirato al celeberrimo gioco Picchiaduro della Namco, che milioni di ore di divertimento ha regalato a noi felici possessori di Play Station.

Creare una sceneggiatura intorno a Tekken non era un'impresa facilissima, benchè dietro al videogioco ci sia una bella trama anche abbastanza complessa. Tante le storie che si potevano raccontare, così come tanti i personaggi tra cui scegliere. Alla fine ovviamente Alan B. McElroy (lo sceneggiatore) ha tirato fuori un pastrocchio stupido e inconcludente, stravolgendo la storia originale, privilegiando personaggi insignificanti e trascurandone di fondamentali.

Il protagonista della storia è Jin Kazama, interpretato da Jon Foo, uno stuntman specializzato in pellicole del genere. Siamo in un futuro post-apocalittico, in cui il mondo è comandato da otto diverse corporazioni, la più forte delle quali è ovviamente la Tekken. A capo di essa c'è Heihachi Mishima (Cary-Hiroyuki Tagawa) e il perfido figlio Kazuya (Ian Anthony Dale). A Jin viene uccisa la madre Jun (quella stronza che nei primi due Tekken era Gesù Cristo e che per batterla ci mettevi 50 round), decide quindi di iscriversi all'Iron Fist Tournament, per andare a vendicarsi di Heihachi. Per farlo Jin deve affrontare in una specie di qualificazione Marshall Law, interpretato dal lottatore professionista Cung Lee. Da qui iniziamo già a capire quanto i vari personaggi vengano stravolti rispetto al videogioco. Law è uno dei pochi “charachters” positivi, un simpatico cuoco che combatte per pagarsi i debiti. Qui viene trasformato in uno stronzo che viene preso a legnate da Jin che così ha accesso all'Iron Fist.

Voglio credere che il film dovesse uscire in concomitanza con Tekken 6 (cioè quasi 2 anni fa), perchè se no risulta assolutamente incomprensibile la scelta dei lottatori. Tre personaggi cardine come Paul, Lei e King non ci sono (anzi, Paul viene menzionato solo in una frase del telecronista), quindi viene dato spazio a Yoshimitsu (realizzato bene), Raven (…), Eddy Gordo, le sorelle Williams Venus e Serena (ah ah, no Nina e Anna), Christie Monteiro, Bryan Fury (il mitico Gary Daniels) più due merdosissimi e inutili personaggi di Tekken 6 come Miguel Rojo e Sergei Dragunov. La scelta più infelice del cast è ricaduta sulle sorelle Williams, praticamente due pornostar (il prossimo film di Nina sarà una roba tipo “Come amare una donna” e lei interpreta la lesbica numero 1, credo non ci sia bisogno di aggiungere altro). Almeno Nina combatte, mentre Anna è quasi inutile quanto nel videogioco.
Ah, poi c'è Steve Fox. Nel videogioco è un pugile inglese figlio di Nina, qui è il manager dal cuore d'oro di Jin. Viene poi dato incredibile rilievo a Christie, uno dei personaggi più insopportabili di tutta la serie. Christie (che dovrebbe essere brasiliana e allieva di Eddie), qui è bianca, mostra perennemente il culo e flirta con Jin.
Vabè, il resto della trama si dipana in inutili diatribe fra Kazuya ed Heihachi (ucciso a sangue freddo da un Jack, che secondo loro sono delle gaurdie ninja), botte, sparatorie e cazzate varie.
Alla fine Jin vincerà il torneo uccidendo Bryan e sconfiggendo Kazuya nel rendez-vous finale.

Le uniche note positive vengono dai combattimenti, realisitici e ben realizzati, e dalla buona idea di far combattere i lottatori in un'unica grande arena, ma con “scenografie” diverse (il tempio giapponese, le antiche rovine ecc.).
Nel complesso non si tratta di un brutto film, scorre bene, non annoia e nonostante il risicato budget, la realizzazione tecnica non è neanche malaccio. Il problema è tutto il resto: una sceneggiatura che fa acqua da tutte le parti che non può che scontentare in pieno tutti i colori i quali hanno amato e giocato a Tekken, la pessima scelta dei personaggi, lo stravolgimento della storia e un finale buttato a casaccio.

In conclusione, questo è un film assolutamente deludente per tutti i fan di Tekken e assolutamente inutile per chi non conosce il videogioco.

Recensito da: Vidur

VOTI
TRASH: 71/100
Noia: 45/100
Ridicolaggine degli effetti speciali: n.p.
Presunzione della regia: 54/100
Incapacità degli attori: 78/100




Ps: prese da Wikipedia, ecco le principali differenza tra videogioco e film:
  • Kazuya non possiede la barba nel videogioco, al contrario nel film.
  • La Mishima Zaibatsu non viene menzionata nel film, poiché la corporazione di Heihachi si chiama "Tekken".
  • I combattenti del torneo sono tutti rappresentanti da una specifica corporazione nel film.
  • La cicatrice di Kazuya non appare nel film, in quanto in questa versione il personaggio non è stato mai gettato dal dirupo da bambino. Tuttavia, durante lo scontro con il figlio Jin, il giovane Kazama gli procura una profonda cicatrice.
  • Christie Monteiro nel film pratica uno stile che non è la Capoeira e non conosce Eddy Gordo.
  • Christie Monteiro nel videogioco non ha una relazione con Jin.
  • Jin partecipa al torneo con lo scopo di uccidere Ogre, il dio della lotta e colpevole della morte della madre Jun Kazama e non Heihachi come nel film.
  • Kazuya non rimane nell'ombra del padre perché per 20 anni è dovuto risalire dal burrone in cui era stato gettato da Heihachi. Nel film, invece, è il braccio destro di Heihachi.
  • Jin è già a conoscenza che suo padre è Kazuya Mishima come che suo nonno è Heihachi Mishima, che lo addestra, nel film.
  • Anna e Nina Williams sono alleate e alle dipendenze di Kazuya, mentre nel videogioco solo Anna (a partire da Tekken 6) è alleata di Kazuya, mentre Nina di Jin.
  • Steve Fox, che dovrebbe avere l'età di Jin Kazama, nel film è invece molto più vecchio ed è un coetaneo di Jun Kazama.
  • Non viene menzionato il gene del diavolo essenziale in ogni trama dei videogiochi di Tekken, ne tantomeno Jin o Kazuya si possono trasformare in demoni, poichè Kazuya non essendo mai gettato in un burrone dal padre non fa un patto con il diavolo.

5 agosto 2011

MANGIA, PREGA, AMA

Di Ryan Murphy, con Julia Roberts, Javier Bardem, James Franco. USA/2010

Eat Pray Love (2010) on IMDb

Aspettate, lo so. Cosa c'entra una mega produzione hollywoodiana nel sito dove viene recensita la feccia su celluloide? Non molto, infatti sono stato indeciso fino all'ultimo se recensire o meno questo film. Ripensandoci però, la rabbia e l'indignazione che ho provato guardando “Manga, prega, ama”, meritano di essere segnalate.

La Roberts, che ormai centellina i suoi film manco fosse Orson Welles, è una scrittrice in crisi mistica appena uscita dal divorzio. Non sapendo cosa fare nella vita e avendo molti soldi da spendere, decide di viaggiare per il mondo. Prima andrà in Italia, poi in India e poi a Bali, in modo da poter ritrovare l'equilibrio perduto.
Ecco, Julia Roberts va in Italia. Giuro che non ho mai visto tanti merdosi stereotipi, banalità e clichè tutte insieme. Io non so davvero se gli americani hanno ancora quest'idea dell'Italia o se è stato voluto creare un contesto da cartolina che soddisfacesse le casalinghe dell'Idaho, ma il nostro paese e in particolare Roma, viene rappresentata in una veste talmente insopportabile da creare disturbi psico-fisici.

Dunque in “Mangia, prega, ama” vedrete:
- Julia Roberts che prende in affitto una casa a Roma. Ovviamente è una casa in centro, diroccata che cade a pezzi, senza scaldabagno. Forse non sanno che dietro a Piazza Navona, ci sono solo loft di 3000 mq con il wireless e la Jacuzzi.

- Ad affittarla c'è una vecchia siciliana che dice: “voi ragazze americane venite in Italia per la pasta e la salsiccia (da notare il doppio senso)”.

- Roma ovviamente è solo lastricata di acciottolati, in giro non c'è una macchina, ma solo gente che parla rumorosamente e gesticola.

- Il solitamente bravo Luca Argentero che si doppia da solo nella parte del bellimbusto italiano attaccato alla mamma, che va in giro con una vespa rossa o una 2 cavalli (una 2 cavalli nel 2011, ed è pure francese!)

- Una rissa di uomini d'affari per prendersi un cappuccino al bar. E quando dico rissa, intendo un'enorme massa di gente che urla e gesticola per ordinare un caffè, roba che manco all'autogrill di Ronco Bilaccio a Ferragosto.

- Un tizio chiamato Luca Spaghetti (no, giuro, Luca Spaghetti!!!!!!!!!!)

- Della gente che dal barbiere ovviamente non ha un cazzo da fare e che dice che tutti gli italiani non pensano altro che a mangiare e fare l'amore. Ovviamente nessuno lavora, in Italia i soldi crescono sugli alberi.

- Un corso di “gesticolazione” italiana, con tanto di corna, diti medi e palmo stretto fra i denti.

- Delle immagini di un derby Roma-Lazio del 2002 con Claudio Lopez nonostante il film sia ambientato nel 2010. A Roma solo la Lazio.

- L'allegra combriccola va a Napoli a mangiarsi la pizza margherita. Ovviamente di Napoli viene fatto vedere solo il solito rione incasinato con il mercato per strada.

- Altre cose varie che adesso non ricordo.

Insomma, come avrete capito viene dipinta un'insopportabile Italia da cartolina densa di clichè da anni '50 talmente insopportabili da sfiorare la querela.
Tutto il resto è una noia mortale, con la Roberts che se ne va in India a meditare dove trova l'inutile e stucchevole texano col trauma, per finire in una Bali confezionata giusto giusto per una bella promozione turistica.
L'insopportabile Javier Bardem riesce addirittura a peggiorare il film interpretando il solito affascinante uomo di mondo sensibile che piange perchè non ha visto il figlio crescere.
Perchè poi dovremmo simpatizzare per una scrittrice milionaria che vive in una reggia a New York e che per “trovare sé stessa” va a mangiare la pizza in Italia e a fare il bagno in Indonesia rimane un mistero.
Per fortuna c'è un po' di giustizia a questo mondo e su imdb il rating degli utenti è di un bel 5, voto quasi troppo generoso per questa megacagata hollywoodiana.
Viva La Tomba di Bruno Mattei.

Adesso scusate, vado mangiare gli spaghetti suonando il mandolino su una vespa con il mio amico Gennaro Lasagna.

Recensito da: Vidur

VOTI
TRASH: 57/100
Noia: 85/100
Ridicolaggine degli effetti speciali: n.p.
Presunzione della regia: 91/100
Incapacità degli attori: 32/100 


4 agosto 2011

THE LOST TREASURE OF THE GRAND CANYON

Di Farhad Mann. Con Michael Shanks, Shannen Doherty e JR Bourne. Canada/2008/SyFy.

The Lost Treasure of the Grand Canyon (2008) on IMDb

Ci sono notti in cui non riesci a dormire e decidi di guardarti un film. Purtroppo nel mio caso la visione del soffitto, nell'attesa di prendere sonno, sarebbe stata certamente più proficua o almeno più interessante. Guardando tra i nomi degli attori scorgo quello di una delle protagoniste di "Streghe", come posso quindi non cedere? Come posso non guardarlo sapendo cosa ci ha donato un altro famoso interprete di quella serie, Brian Krause? E allora cedo.

La nostra protagonista, la dottoressa Susan Jordan, è un'archeologa. Il suo team è formato da una donna che non si sa pettinare (Hildy), un tizio che si crede figo ma non lo è (Marco) e una persona seria, che viene però sfottuta per questo (Jacob). Il loro affatto proficuo lavoro viene però interrotto dalla stessa Susan; l'anziano padre infatti, anch'esso archeologo, è scomparso da quasi un mese durante una spedizione, ma a nessuno sembra importare; questo perchè l'allegro vecchietto era partito alla ricerca di una piramide egizia nascosta (a suo parere) nel Grand Canyon. Gli ci vorrà un po' più di un mese per trovarla temo... Tutti festeggiano uno scemo in meno ma Susan no, parte alla sua ricerca portandosi dietro tutta la baracca e qualche persona che passava di lì per caso.
Arrivati in Messico si fanno ovviamente truffare da tutti i messicani nel raggio di un chilometro, strisciano fino alla montagna ai cui piedi è scomparso il padre e trovano un superstite della spedizione precedente, che ci avvisa di sentire suonare dei bonghi di tanto in tanto.

Siamo a metà film e la noia regna sovrana ma ho visto quel mostro sulla locandina del film, non posso rinunciare proprio ora...perdonami soffitto.

[SPOILER]
Grazie a Jacob, che nel corso del viaggio ci ha confermato di essere l'unica persona con un cervello nonchè un guardone (e sento puzza di storia d'amore campata su in cinque minuti), i nostri riescono ad entrare nella montagna e vi scoprono un villaggio azteco, dove gli abitanti si stanno divertendo a strappare il cuore dei primi visitatori per sacrificarlo al loro dio, un drago che ha tutti i poteri della CGI più scadente. Il padre viene sfortunatamente trovato ancora vivo e la combriccola comincerà quindi la ricerca della chiave per riaprire il passaggio nella montagna, chiusosi poco dopo il loro passaggio. Dopo mille cazzate prevedibili, una manciata di guardie imbarazzanti e inseguiti da un drago che distrugge ogni regola della prospettiva ma nemmeno uno dei personaggi, la chiave viene trovata. Nella fuga vengono ovviamente sgamati in gruppo ma sarà sempre Jacob a permettere a tutti di salvarsi, uccidendo il drago e conquistando così la salvezza, nonchè l'amore di Susan.
[FINE SPOILER]

Noia. Non c'è stato un solo minuto interessante in tutto il film. No, nemmeno quando un azteco ha fatto gli occhi dolci alla spettinatissima Hildy, ne mentre il mostro fissava indeciso per ore le sue possibili vittime, che intanto si prendevano un caffè, ne quando il gruppo piangeva la morte di un cavallo, che sbatteva la ciglia e respirava tranquillamente.
Questo film ti illude prima con la falsa promessa di piramidi nel Grand Canyon e poi con la comparsa di un mostriciattolone in CGI...ma non ne vale la pena, nemmeno per conciliare il sonno!

Recensione di: Leotorda

VOTI
TRASH: 65/100
Noia: 87/100
Ridicolaggine degli effetti speciali: 81/100
Presunzione della regia: 56/100
Incompetenza degli attori: 58/100






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LE RADICI DELLA PAURA (Aka The Evil)

Di Gus Trikonis, con Richard Crenna, Joanna Pettet e Andrew Prine. USA/1978

The Evil (1978) on IMDb

Un gruppo di pseudo-volontari guidati da uno psicologo decidono di acquistare una gigantesca casa abbandonata per creare una clinica di riabilitazione per tossicodipendenti. La casa però ha qualcosa che non va'; si sentono strani rumori, si notano evanescenti presenze. Una cosa tutto sommato gestibile, tenendo conto dell'ottimo affare che è stato fatto! L'imbecillità e la curiosità dello psicologo-capo purtroppo però risveglierà niente popò di meno che Satana in persona che comincerà a sbattere fortissimo le finestre e a tirare i protagonisti con dei cavi.

Il cestone di Mediaworld questa volta ci regala questo horror estremamente classico della categoria ''case maledette". Nonostante la mia introduzione non sia per nulla invitante mi premuro di dire che questo film ci ha stupito ed è sinceramente piaciuto a tutti (cioè a me, a Ortnid e perfino all'incontentabile Vidur) e che se non fosse per la realizzazione decisamente a basso budget, avrebbe probabilmente sfondato e ora non lo troveremmo nel cestone delle porcate ma forse nello scaffale in ombra 2 x 6 euro.

Il film comincia malissimo. La lentezza è quella tipica dei film horror anni '70 con delle case maledette, e già temevamo di trovarci di fronte a qualcosa di molto simile a "la dolce casa degli orrori" o qualcosa del genere. La nostra pazienza dopo una mezzoretta scarsa ed interlocutoria di presentazione dei personaggi è premiata ed il ritmo accelera improvvisamente. Il cane indemoniato, satana si risveglia, gli occupanti della casa (che sono un buon numero) cominciano a morire come mosche, ed anche in modi abbastanza fantasiosi, tenendo conto della scarsità di mezzi a disposizione del regista. A proposito di ciò: gli unici oggetti utilizzati per realizzare gli effeti speciali di questo film sono dei ventilatori e dei cavi (in alcune scene si vedono abbastaza chiaramente purtroppo), ma considerato ciò il prodotto finito non è assolutamente pacchiano. La definirei una dignitosa povertà.

L'unica vera pecca è il finale, estremamente sbrigativo e decisamente banale. Capisco il ritmo elevato, ma a tutto c'è un limite

[SPOILER]
Lo psicologo va' nello scantinato chiude la botola da cui è uscito satana con la croce che egli stesso aveva tolto risvegliando il demone. Tempo effettivo su pellicola 30 secondi. Il tempo di andare in cantina.
[FINE SPOILER]

Abbiamo discusso lungamente se questo film dovesse essere recensito o meno su questo blog. Perchè oggettivamente non è un brutto film. Si tratta di un b-movie, ma l'unica cosa a categorizzarlo come tale è la disponibilità del portafoglio. Al cinema si vede molto di peggio. Magari più figo, magari in 3D, magari coloratissimo. Ma peggio.

Recensito da: Imrahil

VOTO CLEAN: 72





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