15 marzo 2024

FRATELLO DELLO SPAZIO

Di Roy Garrett (alias Mario Gariazzo). Con Martin Balsam, Agostina Belli, Silvia Tortosa, William Berger. SPAGNA – ITALIA / 1988 / Turbo Films

The Brother from Space (1988) on IMDb

Ci sono film che ti piacciono, ci sono film che ti rimangono dentro, ci sono film che ti fanno schifo, ci sono film che ti fanno odiare l’umanità, ci sono film che dimentichi il secondo dopo averne terminato la visione, e ci sono film che ti fanno dire…boh! Fratello dello Spazio è uno di quei film che mi hanno fatto dire…boh!

Misconosciuto al limite dell’oblio, quest’opera fantascientifica è diretta da Mario Gariazzo, nascosto dal proverbiale pseudonimo angolofono, già apparso su queste sciagurate pagine virtuali per l’imperdibile Incontri molto ravvicinati del…quarto tipo. Ma se quest’ultimo era un pietoso tentativo di commistione tra fantascienza e commedia erotica, la qui presente pellicola dall’abisso è una deprimente e inspiegabile cacofonia visuale il cui senso di esistere sfugge ad umana comprensione. Non per niente il film, una coproduzione italo-spagnola, è sparito nel nulla senza essere pubblicato da nessuna parte per poi rispuntare come un fungo negli ultimi anni, prima grazie al canale TV Iris e adesso, ovviamente, grazie ad Amazon Prime Video, il quale, analogamente ad una ragazza dai facili costumi, non riesce dire di no a nessuno.

La trama vuole che una nave spaziale aliena abbia un'avaria e che gli occupanti finiscano sulla Terra. Ne sopravvive solo uno: un tenero alienino con una tutina argentata e un enorme testone simile ad una prugna secca. L'esercito inizia le ricerche per catturarlo, ma una ragazza cieca che è anche un po’ medium (E CIT. PURE STAVOLTA!), con i suoi due compagni di viaggio, un prete e un'amica, cercherà di aiutarlo a tornare a casa e a difenderlo dagli umani cattivi


Ma quanto erano belli i pupazzini delle Sunsweet???

La già elisissima trama viene ulteriormente martoriata da un andamento pachidermico e maldestro, in cui le cose si ripetono senza soluzione di continuità, come lo sceriffo della città che non fa che andare da un posto A ad un posto B e dire ai suoi sottoposti di andare dal posto C al posto D. 

Crea un certo sconcerto anche l’incredibile flemma, se non quasi indifferenza, con cui alcuni avvenimenti vengono trattati. I tre protagonisti (la cieca, l’amica e il prete) quasi non fanno una piega davanti ad un alienino-prugna con poteri telecinetici, mentre anche le autorità sembrano prendersela con molta calma, tanto che le supposte scene di azione, quasi prive di musica, si svolgono con la stessa intensità di una siesta messicana dopo un pranzo a base di fajitas e sangria. Il riferimento al Messico non è casuale perché la stessa ambientazione povera e desertica, esaspera ancora di più il senso di desolazione e straniamento che il film trasmette.

Il significato recondito è probabilmente quello di un sottotesto religioso: il prete (interpretato da un decrepito Martin Balsam, che tra gli anni ’60 e ’70 aveva recitato in filmetti quali Psyco, Tutti Gli Uomini del Presidente e Assassinio sull’Orient Express) insiste sulla similitudine tra Gesù e l’alienino-prugna: entrambi scesi dalle stelle e dotati di poteri straordinari, alla fine condannati dalla cattiveria dell’uomo. Tra l'altro l'alienino farà il miracolo dando la vista all'ex non vedente grazie ad un visore stile Geordie LaForge, ovvero un pezzo di plastica arancione. Va bene, ma quindi? Il messaggio qual era? Viva Gesù e/o gli uomini sono malvagi e non imparano mai? Boh.


Da segnalare anche gli effetti speciali altamente risibili: pur ammettendo la povertà di budget, non si può non sorridere amaramente di fronte ai modellini simili a dei lampadari delle astronavi schiaffati sopra a delle immagini di repertorio di bassissima qualità; in particolare il fondale statico della terra non sarebbe stato perdonabile neanche in un film di Ed Wood.


Consigliamo di starne ben alla larga e di guardarlo solo se volete essere la quinta o sesta persona nella storia dell’umanità a martoriarsi gli zebedei con questa mediocre montagnola di sterco di mucca.


Recensito da: Vidur

VOTI

TRASH: 78/100

NOIA: 91/100

RIDICOLAGGINE DEGLI EFFETTI SPECIALI: 84/100

PRESUNZIONE DELLA REGIA: 71/100

INCOMPETENZA DEGLI ATTORI: 45/100


 



5 marzo 2024

GACY

Di Clive Sounders. Con Mark Holton, Adam Baldwin, Charlie Weber, Tom Waldman, Allison Lange, Edith Jefferson. USA / 2003 / DEJ Productions

Gacy (2003) on IMDb

Dal mare infinito dei film sui serial killer, emerge dall'abisso questo inconsistente "Gacy", filmetto direct-to-video del 2003 che cerca disperatamente di navigare le acque torbide della biografia di uno dei criminali più efferati ed insaziabili della storia recente americana senza però mai veramente salpare. L'opera si immerge nella vita di John Wayne Gacy, un uomo di mezza età che sotto la facciata di cittadino modello, imprenditore edile di successo e clown di quartiere, nasconde un' orrida verità: quella di essere un vorace assassino che in carriera ha ucciso, stuprato e brutalmente torturato almeno 33 ragazzi tra i 14 e i 24 anni, terrorizzando l'intera città di Chicago fino al suo arresto. Sarebbe roba che Jeffrey Dahmer spostati ma, vuoi per la pigrizia generalizzata, vuoi per il basso budget, vuoi per i 20 anni di età che pesano come macigni sulle spalle di questa cenciosa produzione, riuscirà solo ad annoiare e far apparire questo tremendo ed inquietante soggetto come un ciccio-pasticcio qualunque. 

Cucù

Infatti anziché esplorare le profondità psicologiche di Gacy o fornire un'indagine acuta sulle sue atrocità, il film si accontenta di galleggiare in superficie, tratteggiando un ritratto non solo incompleto, ma anche tutto sommato poco lusinghiero del protagonista, lasciando lo spettatore a interrogarsi sul motivo per cui stia perdendo tempo davanti a questa pellicola. Il tentativo di farci entrare nella doppia vita di Gacy si traduce in una serie di sequenze che alternano momenti di (pallosissima) vita quotidiana a esplosioni di limitata violenza e scene sugli insetti che infestano lo scantinato della casa del protagonista. Questo approccio si rivela totalmente incapace di riflettere veramente la complessità o il terrore dei crimini di Gacy. Non aiuta il fatto che a doppiare il protagonista nella versione italiana sia il grande Pietro Ubaldi, il doppiatore di Doraemon e di tutti gli altri personaggi grassi e buffi dei cartoni animati della nostra infanzia. Non perchè faccia un cattivo lavoro, tutt'altro, ma in certe scene ti aspetti davvero che l'assassino se ne esca con un "Non preoccuparti Nobita, adesso tiro fuori...". 

Tanto grottesco quanto peculiare il fatto che John Wayne Gacy in quelle situazioni, come il Doraemon del mondo dei meme, tirasse fuori effettivamente il cazzo. 

Gli attori sono tutti o quasi irrilevanti e non particolarmente capaci. Si salva forse il nostro protagonista Mark Holton, già attore comprimario nel non eccezionalissimo Leprecauno di Mark Jones, che invero offre una performance quasi convincente. Citiamo come unica "stella" la presenza di Adam Baldwin (Il soldato "Animal" di Full Metal Jacket) nel ruolo, consistente in una singola scena, del padre di Gacy. Tutti sembrano quasi stanchi ed annoiati dei loro stessi ruoli, navigando attraverso il copione con l'entusiasmo di chi deve andare all'Esselunga il sabato mattina. La figura di Pogo il Clown, l'alter ego di Gacy e grande contribuente alla perturbante aura che circonda il protagonista è sfruttata pochissimo e male, pur essendo una delle caratteristiche peculiari e trionfando in copertina. Non penso sarei in grado di citarvi una scena memorabile, ma le varie situazioni sono narrate con tanta sciatteria e noncuranza che in certe scene ti chiedi davvero come Gacy sia riuscito a rimanere nascosto per 6 anni. Parliamo di cadaveri trasportati in pieno giorno alla macchina, al gran numero di omicidi operati con in casa mamma moglie e due figlie e l'incontro con arrendevoli poliziotti che lui liquida con agilissimi "Il signor tal dei tali? mai sentito nominare.". Ah ok, allora mi scusi per il disturbo, sarà un caso che lavorava da lei come gli altri cinque ragazzini tutti scomparsi. 

Una delle rare occasioni in cui Gacy appare travestito da Pogo

Gacy è un'opportunità mancata, perchè raramente si ha la possibilità di trattare un personaggio così interessante e che potrebbe avere innumerevoli svolti narrativi. Tipo un certo Stephen King leggendo la cronaca dell'epoca e romanzando il tutto ci avrebbe tirato fuori qualcosa come il Pennywise di It, che tuttora popola gli incubi di così tante persone. Ma è chiaro che se ti chiami Clive Sounders, non hai una pagina su Wikipedia e hai a disposizione un budget di tremila lire, non si può certo pretendere chissà che grandi risultati. 


Recensito da: Imrahil


TRASH: 48/100

Noia: 87/100

Ridicolaggine degli effetti speciali: -/100

Presunzione della regia: 11/100

Incapacità degli attori: 78/100





2 marzo 2024

IT SHALL NOT BE NAMED

Di Cankat Vatanandiran. Con Sylar Witte, Luke Meissner e Audrey Lilyquist. 2023 / USA / Apot Films - Giorgio Films

W-o-w! Non pensavamo più che il cinema moderno potesse regalarci perle di siffatta bellezza e invece il buon Cankat Vatanandiran sorprende e spiazza tutti con una capodopera di abbagliante meraviglia. Destinato a diventare un istant cult del genere, It Shall Not Be Named è un horror ricercato, coraggioso, originale e innovativo, ricco di idee rivoluzionarie che da qui in poi diventeranno necessariamente un punto di riferimento per chiunque avrà il coraggio di misurarsi ancora con la materia.

It Shall Not Be Named ridefinisce gli standard con una sua cifra stilistica che sfugge ad ogni paragone e lo fa con tracotante presunzione, ben conscio di essere un prodotto talmente fuori scala da non poter reggere il confronto con niente fatto in precedenza. 

Pensate già alla trama, la cui intrinseca originalità già spazza via quanto di stantio impera ancora nel mondo dell'horror. È difficile riassumerla in maniera efficace, ma spero perdoniate il fatto che le mie limitate capacità lessicali non siano bastevoli a estrinsecare la magnificenza di quest'opera.

Dunque, Kat, una ragazza disoccupata con un fidanzato stupido e belloccio, accoglie in casa una nuova coinquilina, Jessie. In poco tempo, Kat e il suo fidanzato Chris faranno una scoperta sconcertante: Jessie potrebbe essere una strega!

Prendetevi qualche momento per assorbire e interiorizzare questo concetto, che mi rendo conto non sia facile da processare. 

Ma, questo è solo l'assunto, perché lo svolgimento capovolge completamente ogni aspettativa. Kat, da quando Jessie è in casa, inizia ad avere delle visioni inspiegabili e dei terrificanti incubi! 

Ecco, comprendo che la cosa possa essere spiazzante e totalmente aliena alla filmografia horror (ma non solo) a cui siamo abituati, per tanto eviterò di dilungarmi ulteriormente, comunque consapevole di non avere neanche la capacità intellettiva per dipanare tutti gli strati accuratamente manufatti da Vatanandiran. 

Mi concentrerò per tanto sulla confezione tecnica che è quasi all'altezza della scrittura. Partiamo da una fotografia dai colori fluorescenti e fluttuanti, tanto da cambiare da una scena all'altra per esacerbare il senso di estraniamento dello spettatore. La regia volutamente statica, con una moltitudine di dialoghi ripresi a camera fissa atti a manifestare l'angoscia dei protagonisti imprigionati  in un piccolo appartamento da cui non possono (o non vogliono?) uscire e per estensione alla situazione stessa in cui si sono malgrado ritrovati.

E non dimentichiamo il sapiente uso dei jump scare. I registi di bassa lega li usano come mezzuccio facile e pigro per spaventare lo spettatore, Vatanandiran invece va oltre piazzandone uno ogni quarantacinque secondi e sono talmente ammalianti che il sentimento primigenio che scatenano non è la paura, ma la più sincera incredulità. Anche gli effetti speciali digitali rispettano o addirittura superano l'altissima qualità, tanto da rivaleggiare con un qualunque blockbuster contemporaneo.

Vatanandiran inoltre, per dare tempo di respirare allo spettatore travolto da cotanta virtù, ha costruito degli intermezzi musicali, la cui potenza emotiva è così forte che a qualcuno non potrà che scendere una lacrima.

E infine, un plauso ai tre protagonisti, tutti incredibilmente bravi. Skylar Witte ha avuto da Meryl Streep in persona l'incoronazione a sua designata erede; Luke Meissner è in trattativa con la Marvel per la prossima saga supereroistica e si dice che Ryan Gosling, alla notizia che Meissner fosse in lizza, abbia già rinunciato alla corsa sicuro di perdere. Audrey Lilyquist è stata già corteggiata da Christopher Nolan e l'Oscar come miglior attrice non protagonista sembra ormai scontato. 

Riguardo Vatanadiran, sia Warner che Universal se lo stanno già litigando a suon di milioni, intenzionati a lasciare carta bianca ad un autore destinato a fare la storia del cinema.


Recensito da: Vidur

Ps: sì, ero ironico. 

TRASH: 98/100

Noia: 77/100

Ridicolaggine degli effetti speciali: 92/100

Presunzione della regia: 88/100

Incapacità degli attori: 85/100